ELEZIONI E SOCIETA’ Oltre la politica della rabbia

rabbiaQuesta non è politica come al solito. Le elezioni presidenziali americane, il voto per la Brexit e la crescita dell’estremismo nella politica dell’Occidente sono segnali di qualcosa di più grande, e prima lo realizziamo, meglio è. Quello a cui stiamo assistendo è la nascita di una nuova politica della rabbia. Potenzialmente molto pericolosa.

Nessuna civiltà dura per sempre. Il primo segnale della sua disgregazione è il fatto che la gente smetta di avere fiducia nella classe dirigente. Quando si ritiene che essa abbia fallito il tentativo di risolvere i principali problemi della nazione. Quando essa è percepita come intenta a beneficiare se stessa invece che l’intera popolazione. Quando i suoi leader rimangono distanti e circondati da persone come loro. Smettono di ascoltare le voci della base. Sottovalutano la profondità e l’ampiezza della rabbia popolare. Questo è successo a Washington e a Westminster. La classe di governo non è stata capace di vedere il colpo arrivare. Così lo status quo è stato sconfitto dal candidato del partito della rabbia, per quanto incoerenti le sue politiche siano.

In questo si nasconde il pericolo che la rabbia sia un umore, non una strategia e che possa rendere le cose ancora peggiori, al posto che migliorarle. La rabbia non risolve mai i problemi, li infiamma solamente. Il grave rischio alla fine del percorso, come in tutta la storia, è la pretesa di una leadership autoritaria, che rappresenta l’inizio della fine della società libera. Non dovremmo dimenticare l’ammonimento di Platone, secondo cui la democrazia può finire in tirannia.

C’è una sola via alternativa. Non è il ritorno allo status quo. È più grande della tradizionale divisione tra i partiti. È la creazione di una nuova politica della speranza.

La speranza non è ottimismo. Comincia con un candido riconoscimento di tutte le parti in causa di quanto le cose siano effettivamente messe male. Vaste aree della popolazione in Gran Bretagna e America non hanno beneficiato della crescita economica. Hanno visto precipitare i propri standard di vita, in termini relativi e assoluti. Sono rimasti a guardare mentre i loro lavori tradizionali sono stati trasferiti in economie dai salari più bassi, trasformando quelli che un tempo erano prosperi centri industriali in dimenticate terre demoralizzate.

Abbiamo bisogno di una nuova economia capitalista dal volto umano. Abbiamo visto banchieri e manager comportarsi in maniera inaccettabile e accordarsi ricchi pagamenti mentre il costo umano veniva sopportato da coloro che meno possono permetterselo. Abbiamo sentito il libero mercato essere invocata senza menzionare in alcun modo il dolore e la perdita che è derivata dall’economia globale. Abbiamo agito come se i mercati potessero funzionare senza principi morali, società internazionali senza responsabilità sociale, e sistemi economici senza riguardo per il loro effetto sulle persone lasciate per strada dal cambiamento. Noi che siamo nonni sappiamo fin troppo bene che la vita è più difficile per i nostri figli di quanto lo sia stata per noi, e che per i nostri nipoti sarà ancora più difficile.

Dobbiamo ricostruire la nostra ecologia sociale. Quando una civiltà è in buon ordine ha istituzioni che possono offrire supporto e speranza nei momenti difficili. Nell’Occidente, queste istituzioni sono state tradizionalmente la famiglia e le comunità. Nessuna delle due è in buono stato nell’Occidente oggi. La loro disgregazione ha portato due dei più importanti pensatori americani, Charles Murray di destra e Robert Putnam di sinistra, a suggerire che, per vasti settori della popolazione, il Sogno Americano giace al suolo irreparabilmente distrutto. Prima abbandoniamo la visione, politicamente corretta ma socialmente disastrosa, che il matrimonio è fuori moda, meglio sarà.

Abbiamo bisogno di ritrovare un senso di identità nazionale forte e inclusivo, così che le persone possano sentire che coloro che sono al potere abbiamo a cuore il bene comune, non solo gli interessi dell’élite. L’Occidente soffre ancora il danno di immagine causato dal multiculturalismo, prova vivente che la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Se non riusciremo a restaurare ciò che George Orwell chiamava patriottismo, in opposizione al nazionalismo, assisteremo alla crescita dell’estrema destra, come già sta accadendo in Europa.

Anche la voce religiosa è importante, e non lo dico perché personalmente sono religioso, ma perché storicamente le grandi fedi hanno dato alla gente un senso di dignità e di valore che non è legato a quanto essi guadagnassero o possedessero. Quando la religione muore e il consumismo la rimpiazza, alle persone non rimane altro che una cultura che le incoraggia a comprare cose di cui non hanno bisogno con denaro che non posseggono per una felicità che non durerà. È un brutto affare che finirà in lacrime.

Tutto questo è grande, profondo e serio e avrà bisogno di noi per spostarci oltre la politica del confronto e il modo di pensare divisivo a somma zero che hanno così brutalizzato il dibattitto pubblico. La rabbia è sempre un azzardo della politica nelle epoche di cambiamenti rapidi, ma non è mai stata pericolosa come adesso. La rivoluzione nella tecnologia dell’informazione ha trasformato l’intero tono della cultura globale del XXI secolo. Smartphone e social media hanno dato voce a gruppi che in precedenza ne erano privi. Internet ha un effetto disinibente che incoraggia l’indignazione e la diffonde come un contagio.

Una politica della speranza è alla nostra portata. Ma per crearla dovremo trovare il modo di rafforzare famiglie e comunità, costruire una cultura di responsabilità collettiva e insistere su un’economia del bene comune. Questa non è più una questione di politica dei partiti. è una questione della praticabilità della libertà per cui l’Occidente ha combattuto così a lungo e duramente. Dobbiamo costruire una narrativa di speranza che sappia parlare a tutti noi, non soltanto ad alcuni di noi, e il tempo di iniziare è esattamente adesso.

Rav Lord Jonathan Sacks