Viaggio nel tempo a Venezia

Gli studenti del Master in Cultura ebraica e Comunicazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane possono scegliere diverse forme espressive per le loro tesine conclusive, sperimentando strade non sempre classiche. Una sfida che ha appassionato l’allievo Andrea Mauri, giornalista, scrittore e redattore della Rai, che ha fatto rivivere in forma narrativa la vita nel ghetto di Venezia.
L’ebreo venuto dalla nebbia è il titolo del suo racconto, presentato nella sessione dello scorso 3 novembre a conclusione del suo iter formativo, in cui un giovane che sta effettuando una ricerca sul ghetto è protagonista di una sorta di viaggio indietro nel tempo, nella Venezia del 1516.
“Come conciliare passato e presente? Facendoli incontrare grazie a un espediente narrativo: la nebbia”, scrive Mauri. “L’atmosfera sospesa e impalpabile, come la coltre vaporosa che avvolge Venezia nel racconto, permettono alle due dimensioni temporali di entrare in contatto. Nei crepuscoli fumosi del ghetto il giovane Marco Rinaldi si imbatte nella sagoma di Mosè Conegliano, l’ebreo del ‘500, venuto a cercare proprio lo studioso per guidarlo alla scoperta del claustro e trasmettergli la conoscenza dei luoghi e della vita reale al di là dell’intermediazione dei testi antichi.”
Riportiamo di seguito due brani del racconto particolarmente significativi. Nel primo, il protagonista visita una delle famose stamperie ebraiche veneziane, che sta ultimando di stampare un’opera fondamentale: il Talmud. Nel secondo brano, assistiamo a una situazione diametralmente opposta: il rogo del Talmud in piazza San Marco.
Mosè Conegliano e il giovane ricercatore Marco Rinaldi sono in una delle celebri stamperie di Venezia:
I grandi macchinari per la stampa lavorano a pieno regime. Al martellante battere degli ingranaggi sugli assi che ruotano al ritmo di una musica misteriosa, contenuta in ciascuna pagina del libro in formazione, si sommano le voci alte e differenti degli addetti alle macchine, che con ordini precisi seguono il processo di pubblicazione in tutte le fasi per evitare che un errore sottovalutato metta in crisi il complesso meccanismo di fissazione delle idee nero su bianco.
Dalle grandi vetrate punte di luce affilate come strisce di inchiostro si impastano con particelle invisibili, spruzzate nell’aria dalla frizione degli ingranaggi metallici. Si incontrano in alto, verso il soffitto della stamperia, si caricano di inchiostro invisibile e precipitano come dardi infallibili sui fogli di carta da forgiare.
“Questa è la magia della stampa”, urla Mosè Conegliano voltandosi su se stesso per timore di non essere sentito. “Questa è la magia di Venezia”, ripete compiaciuto, ora a voce più bassa. “Questo è il luogo dove le lettere si incontrano, si organizzano e si dispongono in fila come soldatini obbedienti in attesa di essere trasformate in pensieri. Che gliene pare, signor Rinaldi?”
La voce di Mosè Conegliano si aggiunge al lavorio incessante di quella grande sala. Sono concentrato a fissare alcune copie del volume impilato a terra. Non sento la domanda. Mi accorgo che quel libro è lo stesso sfogliato qualche giorno prima in biblioteca. “È la nostra ultima fatica: la versione integrale del Talmud babilonese. L’hanno richiesta da più parti, soprattutto da Costantinopoli. E dobbiamo fare in fretta, prima che accada il peggio.”

Il rogo del Talmud in piazza San Marco:
Una pira alta e incandescente sviluppa lingue di fuoco che puntano al cielo, insieme a fumi e polveri e ceneri di libri ormai disgregati in molecole insignificanti. Gli scarafaggi inquisitori si muovono in ordine sparso intorno al rogo, sospinti all’indietro da fiamme ribelli che invece di alzarsi in moto verticale, si infiltrano orizzontalmente nella piazza a vendicarsi dei loro stessi artefici. Il gruppo nero di invasati si sparpaglia come formiche torturate da fonti di calore che finiscono per arderle vive. Lungo i quattro punti cardinali la folla lascia aperti dei varchi per il passaggio di quei tristi cavalieri dell’Apocalisse, carichi di libri che gettano al centro della pira. “Che cosa c’entra tutto questo con la religione?” domanda Mosè Conegliano.

(22 novembre 2016)