Primo Levi papers – Il viaggio
In questa strisciolina di carta indicata con il numero 4 c’è uno dei passi più belli di Se questo è un uomo, aggiunto da Primo Levi all’edizione del 1958 di Einaudi. Oggi si legge nel capitolo Il viaggio, e viene una pagina dopo un’altra delle grandi frasi di Levi: “Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta”. Questa frase sulla infelicità e la felicità c’era già nella edizione del 1947. La nuova frase è però altrettanto straordinaria. Non riguarda più una considerazione d’ordine generale – Levi è anche uno psicologo, sottile e acuto –, ma quello che sta per accadere lì ad Auschwitz: “Pochi sono gli
uomini che sanno andare a morte con dignità, e spesso non quelli che ti aspetteresti. Pochi sanno tacere, e rispettare il silenzio altrui”. L’ha scritta a parecchia distanza di tempo dal momento in cui l’ha vissuta, e forse anche pensata. O invece la pensa solo ora, dieci anni dopo; ma è sempre là, nel Lager, anche ora che la scrive. Tuttavia la sua grande capacità è quella di astrarsi persino da quella condizione. O meglio, di trasformarla in una condizione assoluta, sino al punto di pensare e scrivere cose significative sulla vita umana proprio mentre sta di nuovo sul bordo della morte. Quando ho avuto in mano quella strisciolina di carta dove è apparsa per entrare nel libro, ho provato una commozione. Ho pensato alla fragilità della scrittura e della carta che la contiene, e insieme alla perennità che hanno le parole ben dette, le parole importanti. Un paradosso. Primo Levi è stato un uomo dei paradossi.
Marco Belpoliti, scrittore
(4 dicembre 2016)