SOCIETA’ Rav Sacks: “Serve un codice morale condiviso”

rav-sacks“Non possiamo avere una società senza un codice morale condiviso”. Rav lord Jonathan Sacks, già rabbino capo del Commonwealth e una delle voci più ascoltate nel dibattito delle idee britannico, ricorda al suo Regno Unito, ma anche al mondo occidentale più in generale, i rischi che stanno correndo. Ovvero cosa succede se si perdono di vista i propri valori fondanti, a favore di una società neutra di principi. Nel suo discorso preparato in occasione del dibattito sul tema promosso dall’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby alla Camera dei Lord, rav Sacks ha fatto notare come negli ultimi decenni si sia affermata l’idea che ogni individuo possa fare ciò che vuole a patto che non danneggi gli altri. “Il problema è che cosa danneggi gli altri non è così chiaro” sottolinea. “La crisi del matrimonio e della famiglia ha causato un danno immenso a molte generazioni di bambini, psicologicamente, socialmente ed economicamente. La crisi dei concetti condivisi di onore e responsabilità ha portato diverse figure importanti nel settore economico e finanziario a comportarsi in maniera orripilante, mentre coloro di cui avrebbero dovuto essere al servizio ne hanno sopportato il prezzo. C’è stato un evidente crollo della fiducia in una istituzione dopo l’altra, una inevitabile conseguenza del nostro fallimento nell’insegnare i concetti di dovere, obbligo, altruismo e bene comune”.
Nel ricordare come il paese in cui è cresciuto fosse una Gran Bretagna diversa, legata alle tradizioni ma aperta all’innovazione, che dava valore a famiglia e comunità pur lasciando spazio all’individualismo, in cui non c’era bisogno di urlare per affermare le proprie opinioni, chi vinceva non ostentava, chi perdeva manteneva l’orgoglio di aver partecipato, il rav riafferma la necessità, oggi più che mai, di ritrovare, e di coltivare quel codice di valori, fatti di una morale comune e di una responsabilità collettiva (“a maggior ragione ora che abbiamo scelto di proseguire verso il futuro da soli e non come parte dell’Unione Europea”).
“Quando una società può contare su principi morali comuni, c’è più fiducia e solidarietà, le persone diventano cittadini più attivi, si aiutano a vicenda e sono meno coloro che vengono abbandonati alla solitudine. Chi ha successo lo condivide con chi ne ha meno e c’è un senso di orgoglio collettivo e di destino comune che mette in moto la parte migliore della nostra natura. Raggiungere tutto questo non può essere responsabilità del governo da solo, ma esso può incoraggiare i gruppi civili, comunitari, di beneficienza e religiosi a ritrovarsi per immaginare la Gran Bretagna che vogliamo creare per le generazioni future e poi lavorare insieme per realizzarla”.

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