Nessuna vittoria postuma
Nell’aprile 1933, in uno scenario di collasso dei principii democratici della Repubblica di Weimar, il Reichstag emanò leggi di boicottaggio delle attività ebraiche; un mese dopo, presso la Königsplatz di Monaco, studenti di matrice politica nazionalsocialista misero in atto la Bücherverbrennung, rogo dei libri di autori ebrei o di ispirazione politica comunista, antesignano di un allontanamento degli ebrei tedeschi dall’esercizio dell’arte e del pensiero.
Il 28 settembre 1933 le disposizioni del Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda di Goebbels proibirono agli ebrei tedeschi qualsiasi attività artistica, teatrale e cinematografica.
Nella sua estensione da movimento politico a dottrina comprensiva degli aspetti culturali e artistici della società tedesca, il nazionalsocialismo concepì la definizione di Entartete Musik; filoni musicali modernisti (dodecafonia, jazz, musical) o apertamente rivoluzionari rispetto alla tradizione sinfonica brahmsiana e operistica wagneriana furono bollati come Musica Degenerata.
Ideologia esclusivista e assolutista nella autocelebrazione dei propri miti nonché fondata su falsi storici e vizi di prospettiva sociale, il nazionalsocialismo non contemplava minimamente la diversità del pensiero creativo e a ciò non sarebbe mai sfuggita l’arte musicale, libera e rivoluzionaria per definizione; ciò spiega l’accanimento su vasta scala da parte del Reich nei riguardi della leva artistica, musicale e accademica ebraica al di là della generale ostilità antisemita.
In una atmosfera di autentica caccia all’ebreo, musicisti ebrei ricadenti nel territorio metropolitano tedesco e nei Paesi occupati o annessi persero il posto di lavoro presso orchestre, teatri, conservatorii e accademie di musica e furono trasferiti presso Ghetti e Lager aperti dal Reich.
L’Europa si svuotò di cervelli musicali e il fenomeno conobbe il suo picco nel 1935 dopo le Leggi di Norimberga mentre dopo la Kristallnacht del novembre 1938 fu pressoché impossibile emigrare; compositori, artisti di cabaret, direttori d’orchestra e cantanti austriaci e tedeschi si ritrovarono persino sugli stessi treni diretti al confine cecoslovacco, ivi fermati dalla polizia di frontiera e rimandati indietro (molti di essi finirono a Dachau, successivamente a Buchenwald e Auschwitz).
Una generazione di innovatori del linguaggio musicale trasferì altrove il proprio contributo allo sviluppo della vita musicale a scapito dell’Europa abbandonata ai prodromi di una guerra mondiale; Paesi emergenti come Cina, Argentina, Brasile, Bolivia, Guatemala, Venezuela, Australia, Nuova Zelanda e la stessa Palestina Mandataria (futuro Stato d’Israele) godettero di insperate visioni della Musica che si tradussero in orchestre, cori, accademie e altro.
Arnold Schönberg, Ernst Krenek, Kurt Weill, Paul Ben Haim, Joseph Beer, Franz Ippisch, Mieczysław Weinberg, Erich Werner, Wilhelm Grosz, Mátyás Seiber, Eric Zeisl, Ernst Toch, Jimmy Berg, Georg Tintner, Fritz Spielmann, Paul Eisner (fondò l’orchestra sinfonica di La Paz, tuttora tra le più prestigiose in America Latina), Renzo Massarani, Vittorio Rieti, Heinz–Frederic Jolles; l’elenco continua letteralmente per giorni.
Le deportazioni arrivarono in un clima artistico di irreversibile depauperamento di risorse umane e progressiva desertificazione dell’intelligentsia musicale europea (ebraica e non); inimmaginabile paradosso, il Lager nella sua tragicità e nella potente trasformazione concettuale che il musicista opera su di esso (da luogo di cattività a risorsa di creatività) diventò l’ultima Bayreuth e la prima Darmstadt del linguaggio musicale del Novecento.
Oggi dobbiamo ripristinare il pensiero artistico com’era prima del 1938, riaprendo i cancelli di questa Biblioteca alessandrina che è la letteratura musicale concentrazionaria; dobbiamo convogliare i filoni aurei delle inesauribili miniere di musica concepita in cattività nelle arterie del linguaggio musicale del Novecento, recuperando non solo il gap storico dell’isolamento logistico e umanitario del Lager ma le enormi visioni maturate in esso.
Neo–Rinascimento madrigalistico di Gideon Klein, teatro musicale post–brechtiano di Viktor Ullmann, interazione oratorio–mimo–opera di Émile Gouè, sinfonismo proletario di Ervin Schulhoff, sintesi formali di Nico Richter hanno molto da insegnare alla contemporaneità musicale.
Bemotàm zivu lanu et hachaim, con la loro morte ci hanno comandato la vita; non una libera scelta ma ciò che nel contesto ebraico americano viene definita la 614esima mitzvà ossia “Non concedere a Hitler una vittoria postuma”.
Francesco Lotoro
Nell’immagine in basso Paul Eisner. Emigrato in Bolivia, fondò l’Orchestra Sinfonica di La Paz.
(14 dicembre 2016)