La democrazia del guardaroba
Grande polemica in Israele sulla minigonna in Parlamento: il caso esplode la settimana scorsa, quando un’assistente parlamentare viene bloccata all’ingresso per via dell’abbigliamento non decoroso. Immediata la reazione di molti colleghi e anche parecchi eletti: sit in di protesta e sfoggio abbondante di mîses ovviamente imbarazzanti. Deputati a torso nudo, collaboratori in ciabatte, minigonne esibite da maschi oltre che da femmine, sopra e sotto i pantaloni.
La battaglia, di per sé comica, ha dei risvolti che vanno al di là della bizzarra rivendicazione: l’esclusione della ragazza è stata interpretata come l’ennesima vittoria dei religiosi nella società e nelle istituzioni, oltre che un episodio di sessismo.
Da osservatore esterno, sono un po’ combattuto: capisco le preoccupazioni, ma trovo giusto mostrare un rispetto anche formale per le istituzioni e per i cittadini che vi sono rappresentati. Mio nonno Guido mi raccontava che quando era ragazzo non era consentito salire sull’autobus senza la giacca. Una prescrizione oggi inimmaginabile e forse eccessiva, sebbene non sia piacevole trovarsi a luglio, nelle ore calde, vicino a qualcuno in canottiera. In Israele il rifiuto della formalità è da sempre un elemento costitutivo dell’identità nazionale, di un popolo che si considera forte, pragmatico, giovane e sano, senza paura di mostrare il proprio corpo. E decisamente non mancano gli eccessi girando per le città israeliane.
Tutto sommato, però, una piccola eccezione per il Parlamento – nell’epoca dell’antipolitica globale – si può anche fare: c’è proprio bisogno di andare a lavorare in Aula con le infradito?
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter: @tobiazevi
(20 dicembre 2016)