SOCIETA’ “Invento bufale e ci guadagno”

Paul Homer ha invaso internet con notizie false «Trump ha vinto grazie a me, ma con lui ho sbagliato» La prima volta «Un tale, Josh Lahti, vince alla lotteria. Ma è un uomo terribile, ex galeotto, picchia la moglie. Per le interviste tv gli diedi il mio volto. Milioni di contatti in poche ore» aul Homer guadagna diecimila dollari al mese con le notizie false e si considera talmente abile nel diffonderle online da aver dichiarato al «Washington Post» che Donald Trump siederà alla Casa Bianca grazie a lui. A 38 anni è il fondatore di alcuni dei siti di notizie false più visitati su internet — newsexaminer.com,cnn.com.de, cbsnews.com.co, nbc.com.co —, i quali, al pari degli articoli che pubblicano, hanno in comune la manipolazione della scarna attenzione del lettore online. Gli indirizzi, la grafica e i caratteri molto simili a quelli di testate «ufficiali» riescono, infatti, a confondere spesso le idee. Dimenticate i gatti con tre teste e il sesso con gli alieni dei bei tempi del web: i contenitori così come i contenuti all’epoca della post-verità sono molto più raffinati, e proprio per questo più pericolosi. Quasi tutte le notizie false diventate virali durante i mesi di campagna elettorale americana vengono dalla squadra di Homer. Dalla sua camera da letto di Phoenix, Arizona, ha scritto ad esempio che Obama stava costruendo con i suoi soldi un museo per musulmani, che Trump voleva schedare tutti i seguaci di Maometto del Paese e obbligarli a indossare una medaglia di riconoscimento, e che i manifestanti contro il candidato repubblicano venivano pagati 3.500 dollari al giorno dai democratici. Titoli che hanno fatto il giro del mondo, ricevendo milioni di condivisioni sui social network, e spesso — come nel caso dei manifestanti pagati — una grossa spinta dagli account social dello staff di Trump, figlio compreso. Qualche tempo prima delle elezioni Homer, una laurea in web design e diversi impieghi temporanei, si era spacciato per Banksy, l’artista di murales che vive nell’anonimato, fregando anche i network solitamente molto scrupolosi. «La Lettura» lo ha intervistato.

Lei è spesso il soggetto delle sue storie.

«In realtà la prima notizia falsa che ho scritto, e parliamo di cinque anni fa, riguardava un tale dell’Idaho, Josh Lahti, che vinceva la lotteria: l’avevo tratteggiato come un uomo terribile, un ex galeotto che picchiava la moglie e la costringeva a scappare di casa con metà del bottino. Gli diedi il mio volto per le interviste televisive e le foto. Diventò virale subito: milioni di contatti in poche ore».

Prima di allora era uno smanettone di internet che saltellava da un lavoretto all’altro.

«Finita l’università ho lavorato in un’azienda di web design e poi in una società di mutui ma ho sempre avuto una grande passione per la scrittura. Scrivo storie di fantapolitica fin da quando ero bambino… Poi certo, quando ho capito che con le pubblicità di Google potevo guadagnare cinque volte il denaro che prendevo con fatica con i miei impieghi offline, mi sono detto che doveva diventare un lavoro. Ho sempre amato il giornalismo».

Il giornalismo?

«Sì, certo. I ragazzi che collaborano con me devono innanzitutto sapere come funzionano l’informazione e la politica americana, poi occorre anche avere senso dell’umorismo e abilità nel costruire storie ma, prima di ogni altra cosa, devono sapere di che cosa si parla».

Cioè ci sta dicendo che per creare notizie false bisogna conoscere la «verità»?

«Esatto. Le storie false, per catturare davvero l’attenzione dei lettori, devono essere verosimili. Se scrivi cose totalmente lontane dalla realtà o che non hanno elementi di verità rischi di fare flop. Certo Donald Trump ha cambiato le cose…».

In che senso?

«Trump crede che il cambiamento climatico sia una bufala. È totalmente imprevedibile nelle cose che dice e pensa e quindi è difficilissimo fare satira o costruire fake news su di lui perché lui stesso è una fake news. Voglio dire, è diventato un mio competitor!».

È il presidente eletto. Lei dice di aver contribuito alla sua elezione. Può spiegarci in che modo?

«Beh, tutte quelle storie che ho creato e diffuso venivano condivise dai suoi supporter, ma ho fatto un enorme errore di valutazione».

Cioè?

«Io credevo che quelle notizie l’avrebbero danneggiato e invece è successo il contrario. Ad esempio, quando ho scritto che gli Amish erano diventati suoi supporter, l’ho fatto per ridicolizzarlo, speravo che leggendo queste cose le persone pensassero che era una follia votare per lui».

E invece?

«E invece i suoi supporter si limitavano a leggere il titolo e il sommario e, così facendo, hanno finito con il dare a quelle notizie il significato che volevano. Il punto è che quando leggi un mio articolo, vedi che, al di là del titolo e del primo paragrafo, più vai avanti e più la storia diventa ridicola e paradossale. Sono articoli di satira, ma sono stati usati per altri scopi».

Dunque sta dicendo che tutto questo nasce da un problema di sopravvalutazione dei lettori. In passato ha detto il contrario, cioè che Internet adesso è molto peggio di cinque anni fa, Ohe i lettori non capiscono.

«E vero. Le persone leggono qualsiasi cosa che confermi le loro idee senza farsi domande e così diventano ancora più stupide».

Come si sente quando pensa di fare parte di quella categoria di persone che lavorano, come dice lei, sulla stupidità umana?

«Il 95% di quello che i media chiamano fake news è immondizia. E io non c’entro nulla con quella roba. Io sono fiero di tutto ciò che ho scritto e pubblicato online: ogni singola parola. Ho un obiettivo nel mio lavoro, e condanno le teorie cospirazioniste, le bufale cattive, misogine, razziste. Potrei guadagnare centomila dollari in una settimana se lavorassi a una bufala sull’assassinio di Paul McCartney: scommettiamo quello che vuole che diventerebbe virale in poche ore. Ma non lo faccio, e sa perché? Perché mi interessa scrivere storie per migliorare la società. Io intervengo dove vedo quello che non mi piace, sottolineo le storture della società, i nostri difetti. Ad esempio, una delle cose di cui vado più fiero è il tormentone dell’attore Bill Murray che partecipa alle feste degli sconosciuti. Tutto è cominciato perché qualcuno aveva postato una foto di Murray a una festa di laurea. Mi sono detto: ma è fantastico, deve diventare un “imbucato” professionista! Così ho iniziato a diffondere le immagini dell’attore che piomba in diverse situazioni di festa. Dopo pochi giorni c’erano miliardi di foto di Bill Murray ai compleanni in Asia, Africa, Oceania. Ho saputo che un produttore importante di Hollywood voleva farci un documentario. Se legge i miei articoli, può vedere che inserisco sempre dei link. Alcuni sono per promuovere le cose che fanno i miei amici e parenti ma, soprattutto, cerco di diffondere la mia organizzazione di beneficenza».

Fa beneficenza?

«Sì, raccolgo calzini da dare agli homeless. Per favore lo scriva. Il sito è questo: sockitforward.com».

I colossi tecnologici come Google e Face-book, che sono i responsabili principali della diffusione di notizie false, promettono di risolvere il problema e hanno annunciato restrizioni pesanti. Lei ci crede?

«Posso dirle che sta già succedendo qualcosa. Ho diversi amici che lavorano nel settore e mi dicono che nelle ultime settimane molti account sono stati “barrati”, alcuni siti sono stati chiusi, contenuti rimossi e cose così».

E intanto come si fa a difendersi dai tipi come lei? Ci dia qualche consiglio.

«Innanzitutto bisogna controllare bene la url di un sito perché, anche se il nome suona familiare, magari c’è anche solo una parola diversa e allora vuol dire che non c’entra nulla con la testata che credevamo fosse. Dopodiché, bisogna fare sempre fact checking della storia. Il modo migliore è scrivere il titolo su Google e vedere chi altro l’ha postato, quali sono le fonti. Certo anche lì bisogna fare attenzione: ad esempio, in America c’è un sito, snopes.com, che dichiara di verificare la veridicità delle notizie ma non è così, anzi sono i primi a diffondere notizie false. Hanno scritto che se vieni sui miei siti ti becchi virus distruttivi, ma lo dicono solo perché li abbiamo presi in giro in un paio di articoli».

Dunque quelli che dicono di lavorare per la verità in realtà mentono?

«Esatto. È tutto così, adesso».

Serena Danna, Corriere La Lettura, 18 dicembre 2016