Coscienze a disagio
Scrivo riguardo all’opinione di Dario Calimani apparsa sul notiziario quotidiano Pagine Ebraiche 24 il 27 dicembre 2016. Credo serva una seria riflessione sull’immagine che viene data dall’ebraismo italiano sia in questo che in altre opinioni pubblicate nei mesi scorsi. Pertanto mi vedo costretto a riprendere affermazioni che non posso condividere.
“Israele è stata messa in un angolo”.
La verità è l’esatto contrario, visto che Netanyahu, con incontri ufficiali e semi ufficiali, ha ottenuto successi internazionali e allacciato o riallacciato relazioni diplomatiche e collaborazioni in tutti i campi, in particolare quello agricolo, con numerose nazioni africane e perfino islamiche.
“Che l’antisemitismo sia in forte crescita è indubbio”.
Questa affermazione decontestualizzata è priva di ogni significato, come ha spiegato lo storico Georges Bensoussan nella conferenza tenuta a Milano lo scorso 22 novembre. Nell’opinione si collega la crescita dell’antisemitismo alla “politica di Netanyahu”, ma proprio Bensoussan ha spiegato questa crescita con chiari argomenti, e tra questi non compariva “la politica di Netanyahu”.
Calimani ha inoltre scritto: “sembra ormai indiscutibile che la politica di Netanyahu non stia facendo gli interessi politici di Israele”.
Viene da chiedersi come faccia a esprimere queste certezze assolute considerando che la realtà è sotto gli occhi di tutti e non è vista solo da chi non la vuole vedere.
“Israele (ma preferisco dire Netanyahu) mostra i muscoli”.
Calimani dimentica che, anche se in Medio Oriente chi non alza la voce viene valutato debole e immediatamente annientato, prima di mostrare i muscoli il Primo ministro ha dimostrato tanta pazienza in un contesto politico internazionale sfavorevole al punto da doversi scontrare, più volte negli ultimi anni, anche con l’amministrazione Obama, che è riuscita a distruggere equilibri e intere nazioni. Ha inoltre dimenticato che Benjamin Netanyahu è l’unico Primo ministro democraticamente eletto in Medioriente e, di conseguenza, è l’unico capo di governo della regione che realmente rappresenta la maggioranza della popolazione che lo ha votato.
“La crisi si insinua in chi, anche all’interno dell’ebraismo, si pone domande che un tempo non si sarebbe mai posto”.
Posso controbattere citando, per esempio, La Stampa del 4 novembre 1987 quando Sergio Quinzio, commentando il libro di Yehoshua ‘Il poeta continua a tacere’, scrive che “l’opera è poco meno che spietata nei confronti di Israele”. La critica, anche spietata, è tradizionale nel mondo ebraico, ma, a mio modesto parere, può essere accettata e giustificata solo se pienamente argomentata.
“Israele ha solo bisogno di pace”.
Finalmente concordo con una frase che appare nell’opinione citata, ma avrei voluto leggere che perfino il capo dell’opposizione di Netanyahu, Herzog, ha recentemente affermato che manca una controparte con la quale si possa trovare un accordo.
“Israele ci rimette, sul piano internazionale, con un isolamento senza precedenti”.
Mi permetto di ricordare cosa successe in occasione della guerra del Kippur, nel 1973, quando nessuno Stato europeo concesse agli aerei americani che dovevano portare aiuti ad Israele, attaccata dagli eserciti arabi, il permesso di atterrare per effettuare il necessario rifornimento tecnico. In quei tristi giorni Israele non era totalmente isolato?
La soluzione dei due stati ‘sembra ormai non volerla più nessuno’.
Eppure proprio Netanyahu si è sempre espresso in favore di questa soluzione; purtroppo, come in tanti riconoscono, e tra questi perfino Yehoshua, manca una controparte pronta a discutere.
Nell’opinione di giudicano “Gruppi moderati” ad esempio B’Tselem. Ritengo che quanto non siano moderati sia stato dimostrato con ampia documentazione e sarebbe più consono non fare affermazioni di questo tenore sul sito dell’Ucei.
Non metto in dubbio che si debba concedere a tutti, soprattutto tra noi ebrei, di esprimere le proprie idee, ma questo principio deve essere valido proprio per tutti, cosa che attualmente non vale in Moked. Credo inoltre che, trattandosi del sito ufficiale dell’UCEI, la direzione dovrebbe prendere le distanze, almeno con una postilla, dalle affermazioni più estreme che non rappresentano il pensiero della maggioranza degli ebrei italiani; affermazioni che, al contrario, forniscono argomenti (“Lo dicono anche loro”) ai nostri nemici (nemici, non avversari). La quantità di critiche molto severe nei confronti di questa opinione, apparse sui social network e sottoscritte da correligionari, sia in Italia che in Israele, dimostra che ciò che appare ‘indiscutibile’ ad alcuni, è da tanti severamente discusso.
Faccio infine mie le ultime parole di Calimani: “si tratta solo di aprire gli occhi e guardare in faccia il disagio delle coscienze”. È indubbio però che la maggioranza delle coscienze che provano un forte disagio sono quelle di chi la pensa come me e che in questa occasione lo ha abbondantemente espresso.
Emanuel Segre Amar
(28 dicembre 2016)