L’amicizia è difficile da pesare

schermata-2017-01-01-alle-11-00-05Ammetto di leggere sempre con interesse gli ottimi corsivi di Dario Calimani. Forse è proprio il mio egoistico interesse per la sua valida prosa che mi porta, sommessamente, a fare qualche minuta osservazione sulla sua nota del 27 dicembre 2016. Costui asserisce – giustamente – che non si può continuare a far finta di nulla, perché con la Risoluzione ONU 2334 Israele è stata messa in un angolo. Indi, soggiunge che “non siamo del tutto certi che ci sia un rapporto necessario e consequenziale fra antisemitismo e anti-israelianismo: l’antisemitismo c’è sempre stato, anche prima che esistesse Israele, come sventuratamente si sa”. Non intendo approfondire l’assunto per il quale l’antisemitismo vi fosse anche prima di Israele, specie scrivendo da Roma, dove sorgeva il ghetto, e rivolgendomi a Venezia, dove la parola ghetto fu addirittura coniata.
Piuttosto, dato che un’illustre studiosa ha or ora, proprio su queste pagine, auspicato una maggiore nostra attenzione, mi permetterei di azzardare che quel rapporto c’è, eccome. Tant’è che, giustamente, il mio valido interlocutore non accenna all’ostilità nei riguardi di Netanyahu – più che legittima, così com’è legittimo che si prendano le distanze da ogni politico – bensì all’anti israelianismo (sic) che dovrebbe essere tutt’altro. Ora, se taluno fosse, anziché anti israeliano, anti italiano, che diremmo? Potremmo pure azzardare che, in fondo, si tratti di disquisizioni semantiche ma, anche qui, mi permetterei di sollevare qualche dubbio, che però non approfondirò perché certamente non è questa la sede.
Possiamo pure soggiungere che non si sarebbe arrivati a questo punto se l’ANP avesse cercato di addivenire alla pace a Camp David? Se la pace ci fosse stata, saremmo tutti qui a festeggiare per decenni, senza por fine a libagioni e levate di calici. Israele ha fatto qualche grossa evacuazione e, laddove vi è stata una controparte autorevole, diciamo, l’esito non sembrerebbe essere stato insoddisfacente. Viceversa, laddove latitava, azzarderei che gli esiti non paiono essere stati altrettanto entusiasmanti.
Infine, il mio autorevole interlocutore scrive: “Persino la senatrice U.S. Dianne Feinstein, non certo una nemica di Israele, ha difeso la scelta di Obama dichiarando: ‘Ho assistito con crescente preoccupazione, nel corso degli anni, all’aumento degli insediamenti israeliani, dove vivono ora circa quattrocentomila persone. Credo che l’ampliamento degli insediamenti abbia solo uno scopo, quello di minare l’attuabilità della soluzione dei due stati”’. L’amicizia è difficile da pesare, ma se Calimani la considera un’amica, mi fido, il che non toglie che, per completezza, vorremmo soggiungere che costei ha accettato l’endorsement, anche materiale, di JStreet, che si contrappone all’AIPAC. Come sappiamo, questa non è una questione né minore né ininfluente.

Emanuele Calò

(1 gennaio 2017)