Testamenti

lotoroA pag. 335 delle sue memorie di cattività l’internato militare italiano (nonché disegnatore e scrittore) Ferruccio Francesco Frisone, prigioniero presso il Lazarett–Lager di Fullen, ci lascia un meraviglioso pensiero: “Ho sognato nella notte la leggerezza del valzer […], la deliziosa gamma delle fini piacevolezze di tutte le arti, la squisitezza melodiosa di musiche che solo il sogno può dare. Dio ti ringrazio per avermi ridato, solo poco dopo il pianto e la disperazione, questa grazia”.
La sedicesima mitzvà recita che ogni ebreo debba scrivere un Sefer Toràh per se stesso (Deut. 31:19).
Dal canto yiddish eseguito da un anonimo ragazzo ebreo polacco sull’autocarro che lo conduceva a Birkenau e memorizzato dall’ebreo ruteno Jack Garfein nel Campo di lavori forzati slesiano di Märzbachtal alla poetessa paracadutista ungherese Hanna Senesh che sino a poche ore prima di essere fucilata nel penitenziario di Budapest scrisse canti e poemi; da Viktor Ullmann che consegnò l’autografo del suo capolavoro Der Kaiser von Atlantis al bibliotecario di Theresienstadt prima di essere imbarcato sul treno per Birkenau al musicista cecoslovacco Uri Spitzer che a Rishon Le–Tzion mi cantò (dopo due anni di tentativi andati a vuoto) l’inno Slobodarna Hostel che gli ebrei scrissero a Bratislava prima di essere imbarcati per Tulcea (delta del Mar Nero).
Mi piace pensare che i musicisti ebrei che nei Campi lasciarono il loro testamento musicale ci abbiano in tal modo consegnato il loro Sefer.
Il sopravvissuto Roman Frister ricorda che durante il suo soggiorno a Birkenau si addormentava ascoltando musica e canti proveniente dal Block dei Roma che, con il tacito beneplacito delle SS, suonavano sino a tarda notte.
Forse non c’è immagine più profetica, futuristica del miracolo compiuto dalla musica concentrazionaria e che in futuro dovremo far nostra; addormentarsi ascoltando questa musica, senza più paura di morire per il capriccio di qualcuno, senza timore di svegliarsi l’indomani ed essere scelto alla morte, senza timore di non risvegliarsi affatto.
Al modo di Roman Frister, invece, addormentarsi ascoltando musiche che sono riuscite a superare tempi e spazi terribili.

Francesco Lotoro, musicista

(4 gennaio 2017)