dialogo…
Il cardinale Scola ha sollevato nel corso della sua visita alla sinagoga centrale di Milano alcuni punti che meritano, in questa sede, una brevissima e ridottissima analisi. Egli ha sostanzialmente ribadito che:
Il dialogo con l’ebraismo occupa per i cristiani un posto unico. Essendo la religione ebraica intrinseca alla religione cristiana.
Ha proposto quindi una interpretazione del rapporto fra le due religioni basata sullo scisma originario del popolo di D-o, provocato da Cristo stesso.
Su queste osservazioni mi permetto ribadire invece alcuni punti fondamentali (sicuramente in modo incompleto vista la sede):
Ebraismo intrinseco al Cristianesimo. Ok, può essere vero. MA attenzione che il Cristianesimo non può essere intrinseco all’Ebraismo: noi possiamo fare a meno di loro e del Cristianesimo, ma loro non possono fare a meno di noi e dell’Ebraismo, a meno di non suicidarsi spiritualmente.
Noi siamo “la radice che porta”, loro sono “alcuni dei rami”: non abbiamo una “radice comune”. Contrariamente ad alcune tesi, l’Ebraismo rabbinico non si sviluppa “parallelamente” al Cristianesimo nascente, ma è di molto precedente (Shimon HaTzaddik, al più tardi 270 a.e.v.), ed è quindi, in questo senso, un presupposto al Cristianesimo nascente stesso: siamo quindi al massimo “fratelli”, ma non siamo “gemelli”. L’espressione “fratelli maggiori” resta comunque ambigua poiché è noto, anche a un lettore distratto, il fatto che nella Bibbia l’eredità spirituale dei Padri viene quasi sempre fatta propria dai “fratelli minori”.
Noi siamo “il popolo di D-o” (i figli di Israele), loro sono “la Chiesa di Cristo” (due cose storicamente e teologicamente differenti): storicamente sono i discendenti diretti dei greci e romani (a parte i primi seguaci di Gesù, che erano Ebrei), spiritualmente sono i “credenti in Cristo”.
Non è Gesù l’autore dello “scisma”, ma piuttosto è tutta opera di Paolo, l’inventore di Cristo (si veda Atti degli Apostoli).
Essi sono quindi altro, fisicamente, rispetto al popolo ebraico, e sono altro, spiritualmente, rispetto all’ebraismo.
Il Dialogo dovrebbe servire per “camminare spalla a spalla” nel mondo a noi contemporaneo per una società più giusta basata sull’etica ebraica e cristiana. Il Dialogo non dovrebbe servire ad adularsi o a confutarsi teologicamente a vicenda. Questo è il mio punto di vista.
Paolo Sciunnach, insegnante
(23 gennaio 2017)