In ascolto
La settimana delle domande
Questa è la settimana delle domande; ci sono quelle che faccio a me stessa, quelle che mi rivolgono le persone che incontro negli eventi per il 27 gennaio e quest’anno le domande sono arrivate anche dalla mia figlia più grande, di 10 anni. Dopo tanti anni trascorsi a parlare a ragazzi e insegnanti, per la prima volta mi sono ritrovata ad affrontare l’argomento in casa e ho provato a farlo seguendo le modalità didattiche e i valori in cui credo.
Abbiamo guardato insieme il film d’animazione “Fievel sbarca in America” diretto da Steven Spielberg; le ho raccontato che la Russia in cui vive la famiglia Toposkovich, così come il resto dell’Europa in quegli anni, era quel che oggi chiameremmo società multietnica. Abbiamo guardato insieme le immagini di vita negli shtetl fotografati da Kacyzne e colorati da Chagall e abbiamo parlato della straordinaria vitalità delle capitali europee. “Ma gli ebrei quando sono arrivati? Come vivevano in questi luoghi? Cosa facevano?”. E siamo finite a parlare della vita ebraica, delle lingue e dello yiddish, ma anche della musica che lei conosce dai dischi di mamma.
Fievel è un topolino e fra qualche anno mia figlia scoprirà qualcosa di più sulla valenza simbolica del personaggio e magari le darò da leggere Maus di Art Spiegelman, ma per ora ci siamo limitate ad accompagnare quel simpatico personaggio lontano dalla guerra, dalla paura e dai “gatti”, per aiutarlo a realizzare il sogno americano, in un viaggio che racconta cosa significa fuggire, fidarsi ed essere traditi, sentirsi soli, essere separati dagli affetti e perdere ciò che è caro.
Ascoltando la canzone più nota del film, Somewhere Out There, che ha ricevuto l’Oscar (1987), il Golden Globe (1987), il Grammy Award (1988) e diversi altri premi, un prodotto che ha tutte le caratteristiche del successo da musical, le ho raccontato che l’autore James Horner, è nato in California da genitori ebrei: papà si chiamava Harry ed era nato a Holíč, un paesino che oggi fa parte della Slovacchia. Anche lui, come Fievel, era fuggito dall’Europa oppressa “dai gatti” ed era riuscito a raggiungere l’America. Qui aveva conosciuto Ruth Frankel, ebrea canadese e insieme avevano messo su casa e famiglia. Se Harry non fosse riuscito a fuggire dall’Austria non sarebbe mai nato James e noi non avremmo grandi colonne sonore, come quella di Titanic, A Beautiful Mind e Avatar, tanto per citare i film più noti. “lui ce l’ha fatta, molti altri no purtroppo. Chissà cosa sarebbe successo?”, ha commentato mia figlia. Già. D’altronde “cosa sarebbe successo se…” è anche la grande domanda che ha dato vita a una mostra molto interessante realizzata per le strade di Berlino un paio di anni fa.
Una curiosità: James Horner non ha scritto la canzone da solo; i co-autori sono Barry Mann e Cynthia Weil, coppia nella vita e nel lavoro, autori di un corpus di canzoni così grande e importante che i giornali americani hanno scritto: “Mann & Weil hanno firmato la colonna sonora delle nostre vite”. Anche Barry e Cynthia sono ebrei nati in America, i loro nonni hanno compiuto giri particolari, chi dall’est Europa, chi dall’area sefardita e queste storie di vita si sono incrociate e anni dopo da quelle famiglie sono nati i grandi protagonisti della scena musicale americana, nel mondo del pop e del musical di Broadway.
È incredibile quante domande e quanti percorsi storici, culturali ed educativi possano nascere dalle vicende di un topolino e dalle note di una canzoncina. Per il resto c’è tempo.
Maria Teresa Milano
Consiglio d’ascolto:
(26 gennaio 2017)