Ferrara – Touch, toccare la Memoria

touchPassare dai numeri alle persone, restituire concretezza, identità e dignità a chi ha subito, come scrisse Primo Levi, una morte “ignominiosa e immonda”, vedendosi strappata ogni possibilità di espressione e di evoluzione personale.
Succede con “TOUCH – Toccare alcune storie di cittadini ferraresi ebrei deportati”, l’installazione inaugurata al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (Via Piangipane 81, a Ferrara), in occasione del Giorno della Memoria 2017, e promossa dallo stesso Meis e dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, con il patrocinio della Comunità ebraica.
Già da tempo, proprio all’interno della Comunità (ma non solo) si chiedeva di disporre di qualcosa di più dell’elenco dei deportati ferraresi che, dal 1949, è inciso nella lapide di Via Mazzini, sulla facciata dell’edificio che ospita le Sinagoghe. E Touch è la prima, importante risposta a quella richiesta, nonché il primo passo di un percorso di ricostruzione più ampio.
Per adesso, i nomi, i volti e le storie che il pubblico può riportare alla luce, strofinando vigorosamente alcune superfici rivestite di uno strato di inchiostro termo-cromico nero, sono quelli di Albertina Bassani Magrini, Silvio Finzi, Silvio Magrini, Amelia Melli, Zaira Melli, Germana Ravenna, Marcello Ravenna, Lindo Saralvo, Maria Zamorani e Renato Castelfranchi. Ovvero dieci dei circa 150 ebrei ferraresi che, tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, furono brutalmente strappati alla vita dal folle disegno nazista.
Due di loro erano i nonni di Andrea Pesaro, Presidente della Comunità Ebraica di Ferrara, che si è detto “anche per questo molto emozionato dalla mostra. La memoria non deve mai essere fine a se stessa, ma attiva e dinamica, affinché gli errori del passato non tornino a ripetersi. E sono convinto – ha aggiunto Pesaro – che conoscere nella loro piena consistenza gli eventi possa aiutare i giovani ad affrontare tempi che si annunciano grigi”.
Proprio sui giovani si è concentrato il progetto dei curatori, i fotografi Piero Cavagna e Giulio Malfer: “Quest’opera – ha spiegato Cavagna – è l’esito di dieci anni di un lavoro in cui abbiamo coinvolto tante scuole, anche attraverso i Viaggi della Memoria ad Auschwitz-Birkenau. Col passare del tempo, però, ci siamo resi conto del rischio che diventasse un pellegrinaggio obbligato, didascalico, con i suoi riti, le cerimonie, i gonfaloni delle amministrazioni. Mentre noi volevamo ricreare l’idea di una comunità che si sente nuovamente viva e unita, e dove il ricordo non è limitato a un momento specifico, ma è una pratica continua e faticosa”.
Esattamente com’è faticoso, per le dita dei visitatori di TOUCH, far riaffiorare la faccia sorridente della piccola Amelia Melli o l’immagine di Marcellino Ravenna, mentre pedala vestito a festa, ignari di ciò che li aspetta. Il tocco giusto non è quello veloce, leggero e distratto che si usa con gli smartphone, ma deve essere insistito, tenace, costante: metafora dell’energia e della determinazione necessarie a impedire che la foto venga nuovamente inghiottita dall’oscurità e che, con essa, il ricordo svanisca per sempre.
Touch è aperta fino al 28 febbraio, a ingresso gratuito, nei seguenti orari: martedì-giovedì 10-13 e 15-17, venerdì 10-15 e domenica 10-18.

(26 gennaio 2017)