Torino, un tributo ai suoi Giusti

20170124_183905A rischio della propria vita dovrebbe essere la frase che identifica coloro che durante la guerra si prodigarono per la salvezza di ebrei perseguitati. Così la Comunità ebraica di Torino anche quest’anno durante le celebrazioni attorno al Giorno della Memoria attribuisce un riconoscimento a coloro che “Non rimasero inerti davanti al sangue dei loro fratelli” (Levitico, XIX, 16) tramite il conferimento di diplomi di benemerenza in particolare a Lorenzo Valerio Bona per aver salvato dai rastrellamenti Sergio Hutter Jontof e alla famiglia Martano per aver nascosto Amalia e Bruno Sacerdote. A ritirare i diplomi sono il figlio di Lorenzo, Gian Piero Bona e il nipote di Gaetano Martano, Claudio Martano, oggi sindaco di Chieri. Presenti alla cerimonia il Prefetto di Torino, Renato Saccone e Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte nonché presidente del Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana.
20170124_183156La vicenda di Sergio Jontof, geniale architetto scomparso nel 1999, è stata ripercorsa dallo stesso Gian Piero Bona in L’amico ebreo (Ponte alle Grazie, Firenze 2016), ultima opera letteraria presentata dall’autore nelle sale della Comunità ebraica di Torino pochi mesi fa. “È capace di riconoscimento solo chi sa che la propria vita è legata a quella degli altri”, aggiunge Bona poco prima della consegna del diploma.
“Questa storia mi è sempre stata raccontata in modo semplice: si fa così perché è giusto, diceva mio nonno. Non ha avuto dubbi su come agire, senza tuttavia farne mai motivo di vanto o presa di posizione ideologica”, queste le parole espresse da Claudio Martano, che sottolineano come non ci fosse niente di eroico in quei gesti, ma solo un forte senso di umanità e giustizia ad aver spinto suo nonno a nascondere e salvare nella sua tessitura di Chieri, Bruno e Amalia Sacerdote.
A chiudere la cerimonia è la riflessione sulla Memoria, indagata nei suoi meccanismi più profondi ne Il gioco della memoria fra presente e passato, il nuovo saggio di Davide Schiffer (Golem ed., 2016). L’autore prova ad indagarne i meccanismi fondendo così la riflessione scientifica con il dato autobiografico.
A presentare il volume assieme all’autore Alberto Piazza, professore di genetica umana all’Università di Torino e tesoriere dell’Accademia delle Scienze fino al 2015, che concentra la sua riflessione in un punto di domanda : “L’atto mentale e l’atto memoriale non hanno ancora trovato un rigoroso punto d’incontro. Ma si incontreranno mai?”, lasciando così ancora aperta la questione di come la narrazione del passato viene incarnata nel presente. Il libro, dal canto suo, dimostra che la memoria di un’emozione è un’emozione che cambia con il tempo. In risposta Davide Schiffer commenta: “La memoria non va considerata una funzione psichica alla pari delle altre: ciò che la distingue è l’elemento metacognitivo, fattore che la rende autoreferenziale”. La memoria quindi si carica di individualità e si lega all’esistenza del singolo, che costituisce quello che l’autore ha definito “il pregiudizio”. “Noi siano la memoria non possiamo che essere autoreferenziali”, conclude Schiffer.

Alice Fubini

(26 gennaio 2017)