Setirot – Dove non andare

jesurumPreparandoci al Giorno della Memoria, credo vada ben meditato ciò che saggiamente ha ricordato Guri Schwarz (in “La Rassegna mensile di Israel”, vol. 81 N. 2-3 – maggio-dicembre 2015), ovvero la lungimiranza delle parole contenute nel magistrale “Postwar” del compianto storico Tony Judt. Perché ci sarà pure un motivo se le Giornate della Memoria sono l’unica ricorrenza in comune di tutti i paesi dell’Unione Europea. Sì, c’è. E la spiegazione/motivazione non è particolarmente positiva né portatrice di speranza, anzi.
«[…] il declino del modello socialdemocratico che si avvia nel decennio degli Anni Ottanta non comportò soltanto il cambiamento di modelli di spesa e investimento pubblico, ma coinvolse un vasto sistema di rappresentazioni culturali e di ideali concernenti la legittimazione del potere politico, nonché di interpretazioni della storia recente – dalla grande depressione, passando per la lotta ai fascismi […] – rispetto ai quali era stata elaborata teoricamente e concretamente vissuta una certa idea di progresso. Ciò implicava anche il collasso di quell’ideale di militanza, di disponibilità alla lotta e al sacrificio come strumenti per la trasformazione della società e della politica, che era stato il fondamento della narrazione antifascista. Da qui lo spostamento d’asse dalla figura del partigiano a quella del deportato razziale: non si guardava più per immaginare come cambiare il mondo – in positivo – ma alla ricerca di un riferimento negativo che indicasse dove non andare».

Stefano Jesurum, giornalista

(26 gennaio 2017)