Bennett e la concorrenza a Netanyahu

Schermata 2017-01-29 alle 18.17.40Le storie di figli che usurpano i padri abbondano nei testi antichi. Nel Tanakh c’è Avshalom, che si dichiara re, muove guerra al genitore David, arrivando, in un atto di sfregio alquanto edipico, a coricarsi pubblicamente con le concubine di lui. Nella mitologia greca Crono detronizza il padre Urano per poi vedersi detronizzato dal figlio Zeus. Ora, se sono questi i miti fon- danti della civiltà occidentale, un motivo ci sarà. Quello dei figli, letterali e metaforici, che provano a fare le scarpe ai genitori è un pattern ricorrente nel comportamento umano, una forma di hybris comune nella vita privata, così come negli affari e nella cosa pubblica. La politica israeliana non fa eccezione. Che Naftali Bennet, il giovane e brillante leader di HaBait Hayehudi, sotto sotto puntasse a fare concorrenza a Benjamin Netanyahu lo si sospettava già da tempo, ma nelle ultime settimane è diventato più evidente: sfruttando un dossier recente, per esempio, Bennett ha accusato i vertici del governo e dell’esercito (cioè, indirettamente, anche il suo capo, Bibi) di «eccessiva rigidità» durante l’operazione Tzuk Eytan; poi ha fatto circolare sondaggi secondo cui, se ci fosse lui alla guida del partito, il Likud stravincerebbe le elezioni. Oggi Netanyahu, uno dei leader più longevi nella storia di Israele, si trova in una situazione in cui la minaccia politica non arriva più dall’opposizione, cioè da sinistra, ma dall’interno del suo stesso campo, ovvero da destra. Chi sta provando a metterlo alle corde è un suo ex pupillo: Bennett infatti un tempo era un fedelissimo di Netanyahu, praticamente una sua creatura, prima che decidesse di fondare un altro partito. Le anime candide evitino di storcere il naso: sognare di prendere il posto dei padri fa parte della natura umana, e la storia tende a ripetersi.

Anna Momigliano

(29 gennaio 2017)