Torino – Dalla Shoah a Plaza de Mayo,
la lotta di Vera contro i silenzi

Una targa è stata consegnata ieri mattina a Vera Vigevani Jarach, ebrea italiana rifugiatasi nel 1939 in Argentina per sfuggire ai campi di concentramento e al contempo madre di Plaza de Mayo. In seguito alla morte della figlia Franca negli anni della dittatura militare di Videla, Vera ha passato la vita a combattere per conoscere la verità su sua figlia e sugli altri desaparecidos. La targa – conferita dal Consiglio regionale del Piemonte e dal Comitato piemontese per i diritti umani, presieduti da Mauro Laus – vuole essere un riconoscimento per il suo impegno contro i totalitarismi e a favore dei diritti umani.
Vera, questa volta, è tornata dunque a Torino non per parlare a giovani studenti, impegno costante e primario nella vita della quasi 89enne che non ha mai smesso di portare avanti il dovere del ricordo e l’invito alla Memoria di un passato, un passato che ripercorre le tragedie del XX secolo che hanno afflitto non solo l’Europa ma il mondo intero. La stessa Vera dice di custodire dentro di sé tre diverse identità: ebraica, italiana e argentina. Tre facce di una stessa figura, tre strati di complessità e impegno che l’hanno portata a definirsi per molto tempo una militante della memoria, o meglio delle memorie. Oggi tuttavia Vera preferisce autodefinirsi “partigiana della Memoria”, eliminando una connotazione di stampo politico-militare, una partigiana sì ma senza colore o accostamento a un qualsivoglia partito.
20170213_114407Alla cerimonia, tenutasi nelle sale di Palazzo Lascaris, sono intervenuti, tra gli altri, i vicepresidenti dell’Assemblea Nino Boeti e Daniela Ruffino e per il Comitato Enrica Baricco, Giampiero Leo e il consigliere Daniele Valle. Presente anche Dario Disegni, Presidente della Comunità ebraica di Torino.
A ricordare quanto il Comitato piemontese per i diritti umani sia nato sì dalle istituzioni, ma che si vuol tenere lontano da legami partitici è lo stesso Mauro Laus: “Il Comitato è terzo rispetto alla politica perché i diritti umani non hanno colori o schieramenti”. Poi è Vera Vigevani a prendere la parola con estrema lucidità e semplicità, per spiegare come il primo passo per la difesa dei diritti umani parta proprio dalla consapevolezza di essere dei cittadini del proprio paese e del mondo. “Cittadinanza come punto di partenza, questo cerco di spiegare ai ragazzi che incontro nelle scuole”. Poi si sofferma su quelle che lei stessa definisce “le mete specifiche” per sorreggere una democrazia sempre più instabile, oggi come ieri. Prima tra tutte la verità, intesa come conoscenza, segue la giustizia, a volte lentissima ma necessaria. Imprescindibile è la memoria, sintetizzata nella frase spagnola nunca mas, un mai più che si realizza solo se si abbatte il muro del silenzio e dell’indifferenza. E infine un monito: non perdere lo spirito critico, facendosi sedurre da proposte fascinose o da fanatismi. “ Queste mete”, conclude, “sono da considerarsi non come garanzie, ma come consigli per le giovani generazioni”.

Alice Fubini

(14 febbraio 2017)