Yitrò…

“Yitrò, sacerdote di Midian suocero di Mosè sentì ciò aveva operato il Signore per Mosè e per Israele e specialmente che aveva fatto uscire Israele dall’Egitto” (Esodo18,1). La Torah racconta la visita di Yitrò a Mosè, soffermandosi ampiamente sui preziosi consigli che il suocero midianita fornisce al profeta per aiutarlo nella conduzione del popolo; in questa prospettiva, l’interpretazione ebraica legge nell’iniziativa dell’incontro attuata da Yitrò non una semplice visita di cortesia ma il segno di un percorso spirituale che aveva portato il suocero di Mosè ad abbandonare l’idolatria, di cui pure era un notabile esponente, per aderire pienamente nella fede nel Signore, D.O unico. Sulla base di questa lettura dell’episodio, il commentatore Rashì (Rabbi Shelomò ben Yizhak) si chiede quali eventi in particolare, accaduti al popolo d’Israele, avessero specialmente colpito la mente e il cuore di Yitrò per indurlo a recarsi da Mosè animato da tale proposito. A questa domande risponde riferendo due avvenimenti molto diversi: l’apertura del Mar Rosso e la battaglia condotta contro la popolazione di Amalek, che aveva proditoriamente assalito il popolo d’Israele in cammino nel deserto, infierendo specialmente sulla retroguardia costituita dalla persone più deboli. Secondo un’interpretazione, riportata a nome di S. Refael Hirsch, questi due episodi, che segnano il cambiamento esistenziale di Yitrò, rappresentano due aspetti differenti dell’orizzonte di vita del popolo ebraico: l’apertura del Mar Rosso è il simbolo più manifesto dell’intervento assoluto e straordinario del Signore; si tratta di una dimensione che crea forti sentimenti ed emozioni di fede, tuttavia il Talmud stesso (T.B. Pesachim 64) mette in guardia sul fatto che in nessun caso il comportamento e le scelte dell’uomo possono essere regolate sull’aspettativa del miracolo. La guerra contro Amalek coinvolge invece l’azione umana – “Mosè disse a Giosué: scegliti alcuni uomini e va a combattere contro Amalek” (Esodo 17,8) – insieme all’intervento divino, come spiega ancora il Talmud : “Quando guardavano in alto e riponevano il loro cuore al Padre che è in Cielo, allora vincevano” (Mishnah Rosh Hashanah 3,8). La sintesi e l’intreccio tra il riconoscimento dell’azione divina e la necessità dell’iniziativa dell’uomo costituiscono un aspetto essenziale nell’ebraismo: il popolo d’Israele ne è in un certo senso la prova, la sua stessa esistenza può ben essere considerata un miracolo ma tale non sarebbe senza l’azione e la volontà di ogni singolo ebreo.

Giuseppe Momigliano, rabbino

(15 febbraio 2017)