Analisi scorretta – Soluzioni

caloMercoledì scorso Benjamin Netanyahu ha incontrato il Presidente Donald Trump. Come c’era da aspettarsi, il vertice è andato benissimo. I due leader hanno potuto mostrare senza equivoci che tra gli USA e lo Stato di Israele il rapporto è solido e che i tempi delle difficoltà dell’era Obama sono finiti.
Quanto al conflitto tra israeliani e palestinesi, il Presidente americano, ha affermato che per lui non fa differenza se la soluzione sia di due Stati o di uno solo, l’importante è che la parti si accordino per fare la pace, ciò che le parti decideranno andrà bene.
Questa dichiarazione è sembrata seppellire trent’anni di politica americana sulla questione, il Presidente americano pare aver sposato in pieno la tesi del governo israeliano che solo trattative dirette tra le parti senza pre-condizioni possono far avanzare il processo di pace. La nostra impressione è che con questa dichiarazione gli Stati Uniti stiano sostenendo la politica israeliana dello status-quo e che per quanto riguarda la questione palestinese non intendano giocare alcun ruolo politico.
Dichiarazioni favorevoli alla linea israeliana, Trump le ha fatte anche sull’Iran. L’accordo stipulato da Obama è stato giudicato pessimo, anche se al momento resta in vigore. Ma gli USA saranno molto vigili sulla sua applicazione e su come si muoveranno gli Ayatollah, se necessario non rimuoveranno tutte le sanzioni.
Oltre alla rinnovata forte amicizia – che Netanyahu potrà ben spendere in Patria – ci deve essere stato anche dell’altro, forse rimasto nell’ombra. La dichiarazione sull’Iran, è stata fatta anche a beneficio dei Paesi sunniti dell’area: Egitto, Giordania, Arabia Saudita ed Emirati del Golfo, non a caso Paesi esclusi dal blocco degli ingressi di cui alla discussa decisione del Presidente americano.
Al pari di Israele anche questi Paesi erano rimasti spiazzati dall’accordo di Obama con Teheran. Israele potrà si perseguire lo status-quo ma con l’aiuto americano dovrà sviluppare rapporti – di fatto già ben esistenti – con gli Stati sunniti.
La Lega Araba, di cui Arabia ed Egitto sono i maggiori animatori, già nel 2002 con la dichiarazione di Beirut, aprì allo Stato ebraico chiedendo il ripristino dei confini del 1967 per allacciare rapporti diplomatici. Ora sembra caduta questa pregiudiziale, infatti i rapporti tra Gerusalemme e questi Stati sono, più o meno formalmente, in corso da tempo.
Se così sarà, chi sarebbe più interessato ad un altro Stato palestinese dopo quello giordano e quello di Gaza come ha twittato nei giorni scorsi il ministro israeliano dell’istruzione Naftali Bennet? I palestinesi del West Bank saranno talmente indeboliti che accetteranno di sedersi di nuovo al tavolo per ricominciare a parlare di autonomia.
A quel punto per Israele rimarrà un solo problema da risolvere: Stato ebraico o Stato democratico? Che cittadinanza avranno i palestinesi dell’Autonomia? Se saranno cittadini a pieno titolo il carattere ebraico di Israele risulterà ridimensionato, ma se i palestinesi non avranno pieni diritti di cittadinanza sarà il carattere democratico a risentirne.
Sarà bene mettere tutte le intelligenze al lavoro per risolvere il problema con qualche valida architettura istituzionale, perché la questione non ci pare di poco conto.

Anselmo Calò

(20 febbraio 2017)