HUMOR E IDENTITA’ C’è poco da ridere. Eppure dovremmo
C’è chi assicura che, fra tutti gli ebrei, quelli italiani siano i meno dotati di senso dell’umorismo. Molti segnali di vita quotidiana portano purtroppo a pensare che questa considerazione non cada poi tanto lontana dal vero.
Ragione di più per non perdersi d’animo e leggere qualcosa di serio sull’argomento.
Nel documentatissimo “God Laughed. Sources of Jewish Humor” (Transaction Publishers) i docenti universitari americani Hershey H. Friedman et Linda Weiser Friedman spiegano molto chiaramente come il senso dell’umorismo sia qualcosa da prendere molto sul serio, anzi, costituisca un elemento essenziale di ogni possibile identità ebraica.
Si tratta di un saggio rigoroso e appassionante al tempo stesso, ma soprattutto di uno studio documentatissimo che consente di ricondurre alle origini, ai Testi sacri, gli enzimi del senso dello spirito che gli ebrei si trasmettono, o ci si attenderebbe si trasmettessero, di generazione in generazione.
Per farla breve, e senza alcuna pretesa di semplificare un’analisi necessaria e notevolmente complessa, la tesi prevalente è che il senso dell’umorismo ebraico sia una risorsa fondamentale per superare le difficoltà e la chiave interpretativa della sopravvivenza ebraica attraverso i millenni.
Quello che ne costituisce la specificità, è soprattutto la capacità di rovesciare le situazioni, di ribaltare il senso apparente delle cose, di cogliere l’assurdo in ogni accadimento, e soprattutto nelle tragedie.
Sia chiaro, non si tratta di barzellette, più o meno ben raccontate. Ma di una capacità meravigliosa, che dovrebbe tenerci al riparo dalle spirali repressive / depressive innescate ad arte di ha fatto della propaganda e della falsificazione il proprio tornaconto. Dovrebbe. Ma non sempre avviene. E anche di questa sciagura sarebbe meglio, di tanto in tanto, imparare a ridere.
gv