Periscopio – L’immagine negata
Avrò il grande onore e piacere, domani, giovedì, di tenere una conversazione, presso la mitica sede del Centro Studi sull’ebraismo italiano di Gerusalemme, in Rehov Hillel, sul tema “L’immagine negata. Dall’iconoclastia ebraica all’arte informale del Novecento”. Accanto a me, la giovanissima Dottoressa Camilla Balbi, attualmente studentessa di Storia dell’arte presso lo IULM di Milano, il cui cognome dirà qualcosa ai lettori di questa Newsletter, giacché il nonno paterno è stato il fratello di Rosellina Balbi, grande maestra di giornalismo e di verità, che fece tanto per la difesa di Israele, in tempi ancora più difficili degli attuali.
Il suggestivo argomento della conversazione (per la cui scelta il Presidente del Centro e l’Assessore alla Cultura, gli amici Sergio Della Pergola e Samuele Della Rocca, che ringrazio di cuore, ci hanno lasciato piena libertà di scelta) ci è stato suggerito da un libro la cui lettura molto mi colpì in passato (è del 1994), scritto da un eccellente scultore di New York (stavo per scrivere “giovane”, perché è molto più giovane di me: ma ormai non è più giovane neanche lui!), intitolato “La metafisica ebraica come uno dei fondamenti dell’arte americana”. Un volume – destinato ai lettori tanto italiani quanto statunitensi, scritto infatti sia in italiano che in inglese, e corredato di una illuminante prefazione di Enrico Pedrini – nel quale Rothbart sottopone a una lettura profonda e originale, sul piano tanto estetico quanto filosofico, l’opera di artisti che hanno profondamente segnato la storia dell’arte contemporanea, quali Barnett Newmann, Sol Lewitt, Morris Lewis, George Segal, Mark Rothko, Ad Reinhardt e altri, cercando di mettere in luce in che modo i molteplici riferimenti ai temi della tradizione ebraica (mistica, haggadica, cabalistica: dallo “tsim-tsùm” all’“Ein Sof”, dal Golem alle storie della Genesi) abbiano segnato il loro percorso di ricerca, penetrando nelle fibre profonde dell’immaginario e dell’inconscio moderno, al quale hanno consegnato un messaggio di grande fascino, inquietudine e complessità (che è poi approdato, anche in maniera inconsapevole, nei linguaggi di creatori non di origine ebraica, né dichiaratamente interessati all’ebraismo, attraverso una continua – e non sempre facilmente ricostruibile – serie di rinvii e citazioni).
La rilettura del libro di Daniel – a distanza di tanti anni da quando l’avevo letto, ancora in bozze. la prima volta – mi ha dato l’occasione di riflettere di nuovo su una serie di importanti domande, quali le profonde differenze di percezione, di linguaggio e di prospettive tra l’arte moderna europea e quella americana, le distanze tra le forme di risignificazione e palingenesi artistica dell’ebraismo nel Vecchio e nel Nuovo Mondo, le diversità e le analogie tra un tentativo di approccio artistico con il baratro della Shoah realizzato all’interno del “Continente-cimitero” oppure, al di là dell’Atlantico, in quella lontana nuova frontiera, sognata innocente, libera e felice: costruita sulla dichiarata intenzione di lasciare alle spalle tutte le cattiverie e le superstizioni della vecchia Europa, ma ineluttabilmente destinata a essere anch’essa raggiunta e inseguita dagli incubi generati dalle tenebre dell’antica madre.
Ma la domanda di fondo che si pone, a mio avviso, è quale sia, al giorno d’oggi, alla luce della grande e tragica lezione dell’arte ebraica americana successiva alla Shoah – il suicidio di Mark Rothko, per esempio, in quanto epilogo di un preciso percorso di pensiero, richiama da vicino, a mio avviso, quello di Primo Levi -, il significato della famosa frase di Adorno, secondo cui l’arte, dopo la Shoah, sarebbe impossibile (un giudizio che, com’è noto, richiama, pur con un senso completamente diverso, l’altrettanto famosa sentenza di Hegel sulla “morte dell’arte”). Come è stato detto, e come ho già avuto modo di richiamare, quella frase era essa stessa arte, poesia. A essere morta, nel Novecento, è la logica, la parola, il pensiero. L’arte, forse, è l’unica cosa che ci resta.
Francesco Lucrezi, storico
(22 febbraio 2017)