…miti

L’amico, ebreo, legato a una compagna polacca, mi giurava che i polacchi, in Polonia, gli ebrei li salvavano quando scappavano dal Ghetto di Varsavia, perché i polacchi, gli ebrei, li amavano. Era tutta propaganda anti-polacca quella che diffondeva il mito dei polacchi che odiavano gli ebrei.
Il collega ucraino, invece, mi giurava che gli ebrei, in Ucraina, li amavano, e gli atti di antisemitismo e i massacri venivano compiuti da sovietici travestiti, per screditare gli ucraini.
Per tanto tempo siamo andati alla ricerca degli italiani che hanno salvato i nostri familiari durante i rastrellamenti nazi-fascisti, e ne abbiamo rintracciati molti, e molti continuiamo a scoprirli. Ma non siamo mai riusciti a stilare la lista dei fascisti nostrani che ci hanno tradito e ci hanno denunciato, mandandoci dritti alle camere a gas. Ed è una lista ben lunga, malgrado il mito del buon italiano.
Perfino dei trecento anni di segregazione nel tanto elogiato ‘primo Ghetto della storia’, quello veneziano, abbiamo tentato, e ancora tentiamo, di convincerci che è stato per il bene e non per il male, e che ci ha temprati e ha messo in luce la nostra resilienza e la nostra capacità di reazione. Abbiamo accettato di metterne in ombra, invece, le umiliazioni e la degradazione, perché così gli altri ci sorridono compiaciuti, e ci invitano a fare conferenze e a rilasciare interviste alla televisione.
Eppure sono tutte verità continuamente contraddette dalla storia e da quel po’ di ricerca lucida e disinteressata che di tanto in tanto riemerge dagli armadi della vergogna in cui è stata per anni con tanta cura nascosta.
Sentirci amati fa evidentemente bene al nostro spirito. Qualche volta anche alla nostra carriera. E dire che il mondo ci ha amato fa sentir bene gli altri, anche quando si sa benissimo che non è vero. Lo sappiamo noi e lo sanno loro. Sentirci odiati invece fa male al cuore, e fa male allo spirito della riconciliazione, costi quel che costi.
Ma non è con le illusioni e con i falsi miti che salvaguardiamo la nostra sicurezza e la nostra stessa identità. E non facciamo onore al vero, né ai molti cui è stata degradata la vita, o che ci hanno rimesso la pelle. E non facciamo onore alla nostra coscienza.

Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia

(28 marzo 2017)