…aliyah

Secondo i dati anagrafici italiani pubblicati da Salvatore Strozza e Gustavo De Santis e ripresi dal sito www.neodemos.info, nel 2015 l’Italia ha registrato l’arrivo dall’estero di oltre 250mila cittadini stranieri e il trasferimento all’estero di oltre 100mila cittadini italiani. Quest’ultimo dato, abbastanza impressionante, rappresenta il massimo di una tendenza ascensionale in corso ininterrottamente dal 2007. Gli immigrati italiani in Israele costituiscono solo una minuscola frazione del totale delle partenze ma la tendenza negli ultimi anni è stata molto simile: il numero degli ‘olim hadashim (nuovi immigrati) è passato da 21 nel 2003 a 94 nel 2011, e a 353 nel 2015. Questo forte parallelismo fra i ritmi dell’emigrazione ebraica e totale sembra portare sostegno alla tesi che l’aliyah dall’Italia sia soprattutto legata a fattori di natura economica, anche se non si può negare la compartecipazione di fattori culturali e ideologici, oltre che di motivi di disagio di fronte a manifestazioni dirette o indirette di antisemitismo. Nel 2016 il numero degli immigrati dall’Italia in Israele è sceso a 159, e nei primi due mesi del 2017 gli arrivi sono 20 di fronte a 23 nel 2016 e a 83 nel 2015. Questi dati possono essere interpretati in due modi. Il primo è che comincia a esaurirsi il serbatoio dei membri della comunità ebraica che sentono la necessità di lasciare l’Italia per i diversi motivi ora indicati. Se questo corrisponda a un miglioramento delle condizioni ambientali italiane non sapremmo dire con precisione. La seconda spiegazione nel calo dell’aliyah è che il processo di assorbimento e di integrazione in Israele non è semplice e si accompagna a qualche difficoltà e delusione. Il che può provocare un ripensamento da parte di chi aveva cominciato a programmare il trasferimento nella Terra dei Padri.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(6 aprile 2017)