legami…

Leggiamo in questo periodo i Pirkè Avot, insegnamenti di etica e pensiero ebraico della Mishnà. Nel secondo capitolo, che verrà letto questo shabbat, troviamo alcuni detti del grande Maestro Hillel a proposito di vari argomenti, tra questi l’affermazione: “Non ti separare dalla collettività” (Mishnà Avot 2,4). In senso generale viene qui espresso un richiamo a prendere parte attiva nella vita della comunità di riferimento, sia, in tempi normali, come espressione di socialità sia, a maggior ragione, nei momenti difficili, condividendone i problemi e le difficoltà da affrontare, anche se non ci toccano direttamente: “Quando la collettività si trova in angustia, il singolo, anche se non ne è personalmente colpito, deve sentire come se quella angoscia colpisse anche lui alla stessa misura” (dal Talmud B. Taanit 11°). Naturale conseguenza di questo atteggiamento di condivisione e immedesimazione del singolo con la comunità, è il valore collettivo della preghiera ebraica, nelle sue espressioni e nella sua ritualità. Il Maharal di Praga (Rabbì Yehudà Loew ben Bezalel) spiega che la collettività racchiude in sè la possibilità della completezza, che non può mai essere propria del singolo, per quanto grande sia il suo valore individuale, pertanto il rinchiudersi del soggetto in una sorta di isolamento scontroso, di chi si ritiene superiore o immune dai guai del mondo che lo circonda, finisce col essere di danno alla società e all’individuo al tempo stesso. La partecipazione alla vita sociale e la condivisione dei problemi non significano tuttavia un supino appiattimento sulle posizioni della maggioranza ma, al contrario, una presenza attiva, costruttiva e propositiva: ” Quando il pubblico si riunisce per fissare dei momenti di studio della Torah, o per stabilire la preghiera o per consultarsi su argomenti di pubblico interesse, non si dica – Che decidano pure quello che ritengono, io, in un modo o nell’altro mi adeguerò – si deve invece dare consigli per il bene della collettività e aiutare per tutto ciò che è necessario a servire il Signore” (Commento alla Mishnà citata, Tiferet Israel – R. Israel Lifschitz). Lo stesso commento estende poi l’insegnamento del non separarsi dalla collettività alla particolare condizione del leader che deve trovare il giusto equilibrio tra lo svolgimento di un ruolo che richiede specifiche responsabilità e comportamenti esemplari – quindi non del tutto omologabili con quelli della collettività – con l’importanza di non rinunciare a mantenere i legami di vita sociale e i rapporti di cordialità con la collettività, affinché non si creino o non vengano comunque percepiti nella figura guida pericolosi sentimenti di orgogliosa superiorità. Va infine ricordato che, per altri versi, a fianco di questi legami sociali, la stessa raccolta dei Pirkè Avot, nel primo capitolo (1,7), in un insegnamento a nome di Nittay Haarbelì, ci dice “Allontanati dal cattivo vicino e non ti associare al malvagio” dove, ancora Tiferet Israel, commenta che l’accentuazione più forte – quella che prescrive di tenersi lontano – si riferisce alle persone che si distinguono per carattere e atteggiamenti negativi dal punto di vista morale o sociale, come superbia, invidia, iracondia, mentre nei confronti di persone che seguono comportamenti contrari alle prescrizioni religiose è sufficiente evitare legami troppo stretti, particolarmente nelle situazioni in cui l’osservanza dei Comandamenti richiede delle inconciliabili scelte di vita.

Giuseppe Momigliano, rabbino

(26 aprile 2017)