Shir Shishi – Quel poeta di Gerusalemme

kaminskiIn questi giorni ho avuto il piacere di intervenire all’incontro dal titolo “Gerusalemme, città sognata, città vissuta” che si è tenuto presso il Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Gerusalemme, una città legata a filo doppio alla vita del grande poeta Yehuda Amichai, che nella stessa scelta tardiva del proprio nome e cognome, cerca di conquistare l’identità di israeliano doc e desidera vivere appieno il collettivo, ma non si toglie mai di dosso il passato delocalizzato. È un poeta israeliano che racchiude in sé un rapporto dialettico con l’ebreo nuovo. Lui non è omologato al sale della terra come Moshe Shamir, Aharon Meged e Natan Shaham. Amichai non è “a posto” come il ragazzo simbolo nella foto che ha immortalato la conquista del Muro del Pianto. Amichai dai capelli neri e la faccia da Walter Mattau quando parla della bottega merceria di suo padre è più vicino a Dan Pagis e a Appelfeld che a Yig’al Mosinzon.
Oggi leggiamo il suo canto del sabato, Shir Leyl Shabbat

Verrai da me stanotte?
In cortile i panni si sono asciugati oramai.
Una guerra, che non ne ha mai abbastanza,
ora è altrove.
 
Le strade ritornano continuamente,
solitarie, come un cavallo senza cavaliere
e nella sera la casa si chiude 
sopra il bene e il male suoi.
 
Sapevamo che il confine era vicino,
tuttavia a noi era proibito.
Mio padre pregò: e si formarono
la terra e tutte le schiere celesti.
 
Le schiere e la Terra si adombrarono,
di lì a poco la luce si sarebbe estinta.
Il precetto intrapreso dai cieli
nei due ora deve perpetuarsi.

Sarah Kaminski, Università di Torino