Niente profughi per la frazione
“Una vittoria dei razzisti”

rassegnaRoata Canale, frazione di 800 anime alle porte di Cuneo, non accoglierà un gruppo di profughi che sarebbero dovuti arrivare nei prossimi giorni in Piemonte. Non ci sarebbero “le condizioni ambientali”, ha fatto sapere un comitato locale. A pesare anche le minacce di alcuni ignoti, che già molto avevano fatto parlare nelle scorse settimane. “Se di vittoria bisogna parlare – scrive La Stampa – hanno vinto ‘loro’. Quelli che alla notizia del probabile arrivo di 24 profughi africani nella Casa delle Opere parrocchiali hanno protestato e alzato la voce. Quelli che si sono ribellati al vescovo, accusandolo di ‘tramare’ alle spalle dei residenti e di volersi intascare una parte dei 35 euro pro-capite quotidiani destinati agli ‘ospiti sgraditi’. E ha vinto il razzismo di chi, un mese fa, sui muri ha appeso una ventina di volantini: ‘Noi i negri non li vogliamo. Non è un consiglio, ma una minaccia’”. 

Diversi gli approfondimenti dedicati al cinquantesimo anniversario della Guerra dei Sei Giorni, anche in coincidenza con l’uscita di alcuni saggi che saranno prossimamente protagonisti al festival “èStoria” di Gorizia. “I Sei Giorni che sconvolsero il Medio Oriente” titola La Stampa. Scrive il quotidiano torinese: “Israele divenne qualcosa di diverso da ciò che era prima. Era un Paese minuscolo con un’esistenza continuamente minacciata dietro quei muri di odio che erano i confini con tutti i Paesi arabi circostanti. Divenne un Paese molto più grande e forte ma non più sicuro, dentro e fuori da quei confini”. Sul Corriere un ampio intervento di Paolo Mieli sugli stessi temi, dedicato in particolare alla figura di Moshe Dayan.

La Procura di Roma ha deciso di unificare le inchieste sul rogo di Centocelle in cui sono morte tre sorelle nomadi e quella sull’incendio di una baracca al campo della Barbuta vicino a Ciampino. C’è un filo rosso, sottolinea il Messaggero, che potrebbe unire le due vicende. “Il sospetto di chi indaga – si legge in cronaca di Roma – è che gli eventi possano avere un denominatore comune: faide tra clan e vendette maturate nell’ambiente rom”.

Su La Stampa, Ada Treves racconta di come l’antica arte giapponese degli Origami abbia conquistato il mondo della scuola. A partire da Israele, dove Miri Golan ha sviluppato un programma che unisce l’arte degli origami alla geometria, approvato dal ministero dell’Istruzione.  “II fruscio dei fogli di carta, e il silenzio. La concentrazione, negli sguardi, nei gesti, l’attenzione con cui piccole mani piegano e voltano, osservano e piegano ancora. Da un rettangolo nascono forme e risate. Le lezioni di Origametria sono un misto di gioco e concentrazione, un percorso di scoperta e di rispetto per i limiti imposti dal foglio. E una successione di sorprese – spiega Treves – da un foglio escono strutture, giochi, sculture”. 

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(15 maggio 2017)