legami…
Il legame che ha tenuto uniti gli ebrei per migliaia di anni e che li unisce oggi è, soprattutto, l’ideale democratico della giustizia sociale, insieme all’ideale di aiuto reciproco e di tolleranza fra tutti gli uomini. Anche gli scritti religiosi più antichi degli ebrei sono imbevuti di questi ideali sociali, che hanno influito potentemente sul cristianesimo e sulla religione maomettana e hanno esercitato un’azione benefica sulla struttura sociale di gran parte dell’umanità. Basterebbe ricordare qui l’introduzione di un giorno di riposo nella settimana, una grande benedizione per l’umanità. Personaggi come Mosè, Spinoza e Karl Marx, per quanto dissimili fra loro, vissero e si sacrificarono tutti per gli ideali della giustizia sociale, e fu la tradizione dei loro antenati a condurli su questo tribolato sentiero. Gli eccezionali risultati ottenuti dagli ebrei nel campo della filantropia hanno avuto origine proprio da questa sorgente.
Il secondo tratto caratteristico della tradizione ebraica è l’alto rispetto nel quale essa tiene ogni forma di aspirazione intellettuale e di attività spirituale. Sono convinto che questo grande rispetto per l’attività intellettuale sia da solo responsabile dei contributi che gli ebrei hanno dato al progresso della conoscenza, nel senso più ampio della parola. Tenuto conto della costituzione relativamente esigua del popolo ebraico e dei considerevoli ostacoli esterni posti costantemente sulla sua strada da ogni parte, la misura di questi contributi merita l’ammirazione di ogni uomo sincero. Sono convinto che ciò non è dovuto a una qualche speciale ricchezza di qualità, ma al fatto che la stima in cui il lavoro intellettuale è tenuto presso gli ebrei, crea un’atmosfera particolarmente favorevole allo sviluppo di ogni possibile talento. Allo stesso tempo un forte spirito critico impedisce una cieca sottomissione a una qualsiasi autorità morale.
Mi sono qui limitato a questi due aspetti tradizionali, che mi sembrano essere quelli fondamentali. Questi schemi e questi ideali trovano una loro espressione nelle piccole come nelle grandi cose. Essi vengono trasmessi di padre in figlio, coloriscono la conversazione e lo scambio di giudizi fra gli amici, riempiono gli scritti religiosi, e conferiscono alla vita comunitaria del gruppo quel suo tono caratteristico. In questi ideali distintivi io vedo l’essenza della natura ebraica. Il fatto che questi ideali siano realizzati solo imperfettamente nel gruppo, nella sua vita reale di ogni giorno, è un fatto. perfettamente naturale. Tuttavia, se si cerca di esprimere brevemente il carattere essenziale di un gruppo, occorre farlo mediante i suoi ideali.
In quanto precede ho concepito il giudaismo come una comunità fondata sulle tradizioni. Sia gli amici che i nemici, d’altra parte, hanno spesso affermato che gli ebrei rappresentano una razza, e che il loro comportamento caratteristico è il risultato di qualità innate trasmesse ereditariamente da una generazione all’altra. Questa opinione viene suffragata dal fatto che gli ebrei per migliaia di anni hanno contratto i loro matrimoni per lo più all’interno del gruppo per ragioni tradizionali. Una tale abitudine può invero conservare una razza omogenea, posto che esista in origine, ma non può produrre l’uniformità della razza se questa all’origine era un’unione di varie razze. Gli ebrei, comunque, sono senza dubbio una razza mista, come ogni altro gruppo della nostra civiltà. Gli antropologi onesti sono d’accordo su questo punto; le affermazioni contrarie appartengono tutte al campo della propaganda politica e debbono essere valutate conseguentemente.
Forse ancor più che sulla propria tradizione, il gruppo ebraico si è sviluppato dall’oppressione e dall’antagonismo incontrati costantemente nel mondo. In ciò sta indubbiamente una delle ragioni principali della sua ininterrotta esistenza attraverso tante migliaia d’anni.
Il gruppo ebraico comprende circa sedici milioni di uomini, meno dell’un per cento dell’umanità, circa metà dell’attuale popolazione della Polonia. La loro importanza come fattore politico è trascurabile. Essi sono sparsi su quasi tutta la terra e non sono globalmente organizzati, il che significa che non sono in grado di condurre una qualsiasi azione collettiva.
Se ci si dovesse formare un’idea degli ebrei soltanto a partire dai giudizi dei loro nemici, si dovrebbe giungere alla conclusione che essi rappresentano una potenza mondiale. A prima vista ciò sembra completamente assurdo, eppure, secondo il mio modo di vedere, vi è un certo significato in questa affermazione. Gli ebrei, in quanto gruppo, possono non costituire una potenza, ma la somma dei risultati ottenuti dai singoli membri è ovunque considerevole e significativa, anche se questi risultati sono stati ottenuti tra ogni sorta di ostacoli. Le forze latenti nell’individuo vengono mobilitate, e l’individuo stesso viene stimolato ad agire in modo altruistico dallo spirito che vive nel gruppo.
Di qui l’odio contro gli ebrei da parte di coloro che hanno motivo di temere il risveglio culturale di un popolo. Più di qualunque altra cosa al mondo, essi temono l’influsso di uomini intellettualmente indipendenti. Io vedo in questo fatto la causa essenziale dell’odio selvaggio contro gli ebrei quale infuria oggi in Germania. Per il gruppo nazista gli ebrei non sono soltanto un mezzo per allontanare da sé, dagli oppressori, il risentimento del popolo; essi vedono negli ebrei un elemento non assimilabile che non può essere costretto ad accettare acriticamente i loro dogmi e che, perciò, fino a che esiste, minaccia la loro autorità a causa del continuo appello al progresso culturale delle masse.
La prova che quest’interpretazione tocca il nocciolo della questione è fornita in modo convincente dalla solenne cerimonia, nella quale si bruciarono i libri, inscenata dal regime nazista poco dopo il suo avvento al potere. Questo atto, senza significato dal punto di vista politico, può essere compreso soltanto come un’esplosione emotiva spontanea. Per questa ragione mi sembra più indicativa dei tanti altri atti di maggior importanza ideale e pratica.
Paolo Sciunnach, insegnante
(22 maggio 2017)