Società – Medicina, psiche e spiritualità. La lezione del Maimonide

daniela abravanel“Il medico cura, non solo facendo riferimento alla medicina ma, ulteriormente, comprendendo l’importanza di liberare il paziente dalle forze spirituali e psicologiche che causano la malattia” (Maimonide).

Ho ritrovato, con sorpresa, queste parole del Maimonide in un testo dal titolo accattivante, pubblicato dal Centro di Prevenzione dei Tumori di Milano: “Prevenire i Tumori Mangiando con Gusto”. Questo e altri insegnamenti, tratti dal mio libro Guarire per Curarsi, e in genere dalla tradizione biblica, sono apparsi in uno dei più noti testi “scientifici” riguardanti la salute e la prevenzione. Il professor Franco Berlino direttore del Centro di Prevenzione, afferma con parole semplici che “esiste una sola malattia da cui non si può guarire: l’arroganza di non voler riconoscere che ci siamo ammalati perché con il nostro stile di vita non abbiamo saputo scegliere la strada della salute”. Continua poi facendo riferimento al noto verso della Bibbia: “ho messo di fronte a voi la vita e la morte, scegliete la vita!”

Consapevole della rilevanza degli insegnamenti della tradizione ebraica che collegano la guarigione al coinvolgimento psicologico, etico, spirituale, ho ricercato a lungo, e scritto nei miei vari libri, sul tema della guarigione come un processo di ’riparazione’ (tikun) delle tendenze e programmazioni psicologiche che sono spesso la causa della malattia.
Mi hanno particolarmente ispirata nella mia ricerca sulla psico-somatica le parole della “preghiera del medico ebreo”, attribuita a Maimonide: “Dio ha creato l’uomo con infinita bontà, ha unito in lui forze innumerevoli, incessantemente all’opera per mantenere e preservare la meravigliosa casa che ospita la sua anima immortale. Queste forze agiscono con ordine, in accordo e armonia le une con le altre. Ma, se una debolezza psichica o una passione violenta disturbano tale armonia, queste forze iniziano ad agire le une contro le altre… Quindi Dio invia le malattie, benefici messaggeri, che annunciano l’avvicinarsi del pericolo e spingono l’uomo a prepararsi a superarlo”.
Come sostiene Maimonide, al quale oggi fa eco la medicina olistica, le malattie, interrompendo il normale corso della nostra vita ci obbligano a interrogarci sulla loro origine, e perseguono il fine di farci ‘guarire in profondità’. In questi periodi di crisi, interventi esclusivamente di tipo farmacologico o addirittura l’uso degli psicofarmaci (meno che nelle condizioni psichiatriche più drammatiche) bloccano il processo di autentica guarigione: ci permettono infatti di ignorare l’ansia che ci pone di fronte al messaggio del nostro corpo e dei suoi sintomi. Lo psicofarmaco in questo modo inibisce il sano processo di disintegrazione degli aspetti inferiori della psiche -conditio sine qua non della teshuvah per l’ebraismo e della guarigione per la psicologia del profondo.
Negli ultimi decenni i concetti espressi dal Maimonide riappaiono in molti testi di psicologia o di letteratura medica alternativa, come nel saggio “Malattia e Destino”: “Se abbiamo il coraggio di ascoltare i sintomi e di entrare in comunicazione con loro, essi possono diventare ottimi maestri sulla via che porta alla vera guarigione […]. Qui sta la differenza tra lotta alla malattia e trasmutazione della malattia. La guarigione nasce soltanto da una malattia trasmutata e mai da un sintomo vinto. Guarigione significa, sempre, un avvicinamento a quell’integrità della coscienza che si può anche chiamare illuminazione”.
Che la guarigione passi attraverso la trasformazione della malattia è l’insegnamento ricorrente della Bibbia e dei maestri della tradizione orale: “U levavo iavin va shav, ve rafa lo”: e il suo cuore comprenderà e farà teshuvà e (Dio) lo curerà.
Anche la scienza della Ghematria (ovvero del valore numerico delle lettere dell’alfabeto ebraico) ci fa intendere il vero ruolo della malattia: stabilire un più profondo rapporto con la propria anima e con la Divinità: la parola Dio, Elohim, equivale (in numerologia della Gematria) a 86 – che è anche il valore numerico della parola Malattia, machalah!
E non a caso Dio si auto-descrive in maniera chiara come “Colui che guarisce “(Ani Hashem Rofecha). Come colui che prima della malattia ha creato il suo rimedio: l’atto di autoriflessione che porterà il malato a ritrovare la salute (“grande è la teshuvah perché porta guarigione al mondo”).
Il ricorso ai farmaci dei medici che fanno esclusivamente riferimento all’aspetto materiale della malattia è descritto come qualcosa di estremamente pericoloso per il corpo e per l ‘anima del malato. Dice il Talmud: “il migliore dei rofìm (medici) all’inferno!”. Ma di quali rofìm parlano i saggi del Talmud che altrove rispettano egualmente l’operato dei medici e dei rabbini? Dei rofìm arroganti che nella loro pratica e spesso nella loro vita, vogliono prendere il posto di Dio: coloro che con i loro sacerdotali e impeccabili camici bianchi, con le loro diagnosi e prognosi decretano perfino il momento delle morte del malato…
Peraltro la Bibbia ci aveva messi in guardia nei riguardi di tal genere di dottori: la prima volta che il termine Rofìm appare nell’Esodo, non è legato al tema della guarigione ma bensì a quello della morte: quando morì Giacobbe, Yosef mandò a chiamare i “rofìm” per imbalsamarlo.
Oggi la scienza sostiene idee molto simili a quelle dei Maestri, evidenziando gli altissimi rischi dell’uso di medicine che nel curare alcune malattie ne provocano delle altre. Tale fenomeno è stato chiaramente descritto da un gruppo di medici americani che hanno osato sfidare l’establishment medico (e le case farmaceutiche) con il testo Death by Medicine (Gary Null PhD, Nov. 2003). Nella ricerca di Gary Null risulta che la prima causa di decessi negli USA è dovuta agli effetti collaterali dei farmaci – che mietono più morti che non le malattie cardiovascolari (la seconda causa di decessi) e il cancro (la terza).
Ovviamente questo discorso non si riferisce alla medicina allopatica riparatrice, che in fasi acute può salvare la vita, come dopo incidenti di macchina, con antibiotico se abbiamo la polmonite o un antistaminico se ci punge un’ape e siamo allergici.
Maimonide e la tradizione medica ebraica da millenni sostengono che però la migliore e più importante medicina è quella preventiva (il medico è quello i cui pazienti non si ammalano, usava dire) e che il dottore dovrebbe più che prescrivere medicine, cercare di aiutare il paziente a liberarsi degli squilibri emozionali, degli eccessi alimentari e da ritmi esistenziali stressanti che sono all’origine della malattia.
Con la ricca eredità che la tradizione medica ebraica ci ha lasciato, di fronte alla crisi del sistema sanitario occidentale, il mondo ebraico dovrebbe essere in prima linea nella lotta contro il diffondersi delle malattie iatrogene (procurate dai farmaci) – condividendo il proprio patrimonio medico e spirituale, ricchissimo di insegnamenti olistici. Potrebbe così ispirare il mondo moderno a riflettere sulle parole dei maestri riguardo medicina sintomatica – espresse sinteticamente da un verso del profeta Geremia: “essi curano le ferite del popolo solo in superficie e dicono ‘pace, pace’ dove pace non c’è.
In questa rubrica sulla guarigione del corpo e della psiche che Pagine Ebraiche mi offre di condividere con i suoi lettori cercherò di esporre nel modo più semplice gli insegnamenti dei Maestri della tradizione ebraica e di intrecciare il loro pensiero con quello della medicina olistica e della psicologia del profondo.

Daniela Abravanel