La mia Africa

Anna Segre“Sami Cohen: l’ultimo custode della memoria di Asmara.” Questo titolo sull’ultimo numero di Pagine Ebraiche mi colpisce immediatamente, riportandomi a uno Shabbat di dodici anni fa e a un favoloso kiddush ospitato in un giardino lussureggiante. Sì, si parla proprio di quello stesso Sami Cohen che aveva generosamente accolto noi partecipanti al viaggio del 2005 per il centenario della sinagoga di Asmara. Fa piacere che sia resa nota la sua opera instancabile di custode della memoria.
“Nel 1936, quando Mussolini lanciò l’attacco all’Etiopia, giunsero dall’Italia altri fedeli, specialmente commercianti, imprenditori e militari”. In questa unica frase che l’articolo dedica alla storia degli ebrei italiani ad Asmara (giustamente, dato che parliamo di pochissime famiglie per pochissimi anni) c’è la storia della mia famiglia materna: di mio nonno, Aldo De Benedetti, che apparteneva alla terza delle categorie menzionate, quella dei militari; delle mie zie e dei loro racconti sull’infanzia africana; di mia madre e di mio zio, i fratelli piccoli, che compensano il minor numero di ricordi con un indelebile “Asmara, Etiopia” (anche molti anni dopo l’indipendenza dell’Eritrea: misteri della burocrazia) segnato come luogo di nascita su tutti i documenti.
Nel nome Asmara c’è anche un po’ della mia identità: c’è il mio essere forse l’unica tra i miei amici coetanei ebrei a non avere entrambi i genitori coinvolti nella loro infanzia in vicende di fughe, nascondigli, documenti falsi; c’è il mio bisogno di precisare a colleghi e amici non ebrei (perché, appunto, gli ebrei lo sanno benissimo) che l’infanzia più avventurosa non è stata quella africana di mia madre ma quella piemontese di mio padre; c’è il mio aver conosciuto per molti anni i luoghi dell’infanzia di mia madre solo attraverso racconti e fotografie; c’è la mia folle corsa ad Asmara di dodici anni fa – per soli tre giorni (più uno di aereo per andare e uno per tornare) proprio nell’ultima settimana dell’anno scolastico – per vedere quei luoghi di persona. E poi ci sono i ricordi di quei tre giorni nel 2005, e soprattutto dello Shabbat trascorso ad Asmara: il bellissimo giardino di Sami Cohen; la cena del venerdì sera nella residenza dell’ambasciatore di Israele (lunghe tavolate con piatti di carta e atmosfera tutt’altro che formale); la sinagoga piena grazie all’arrivo da ogni parte del mondo di ebrei che avevano vissuto ad Asmara e delle loro famiglie.
In quello Shabbat la comunità ebraica di Asmara era viva e vegeta, e io sentivo di farne parte.

Anna Segre, insegnante

(16 giugno 2017)