padri…

I padri, in tutto il mondo, scendono sempre più spesso in piazza, per manifestare i loro diritti. Si tratta dei padri separati, divorziati, che sono lontani dai loro figli, spesso alienati proprio nei loro diritti genitoriali e spessissimo ridotti sul lastrico.
Si calcola che in Italia su 2 milioni di padri separati, in 500 mila sono in condizioni economiche difficili e, spesso, costretti a vivere dai loro genitori: li chiamano «boomerang kid».
Qualcosa che ritorna come se ci fosse una forza sovraumana e non razionale che li costringa ad un ritorno in casa. Ma non siamo di fronte ad una forza inspiegabile, siamo di fronte ad uno stereotipo culturale, sociale e giudiziale che è fonte di ingiustizia.
Perché in genere il genitore collocatario è sempre la madre. Ed allora dovremmo porci molte domande, perché se è vero che esiste un cambiamento nella società, nella realtà familiare e, per quanto ci riguarda come ebrei, anche nella stessa sfera della halachà, come mai la donna resta il genitore collocatario per eccellenza? Perché nel momento in cui l’altare piange, come insegna il Talmud, e si crea la dolorosa realtà di un divorzio, debba sempre essere il padre l’elemento costretto a lasciare la casa familiare, a cambiare completamente il suo ritmo di paternità, ad essere relegato nei tempi di ore e di week end da definire?
Perché le aule dei tribunali soffrono di questi pregiudizi culturali per i quali mammà è sempre mammà ed il padre non può aspirare ad essere un collocatario?
Perché i padri devono essere condannati alla frustrazione, ad una vita a rischio economico, alla soglia della povertà ed ad una genitorialità con il contagocce se non addirittura alienata?
Il libro dei Proverbi, 1,8 ci ricorda: “Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non disprezzare l’insegnamento di tua madre”.
Padre e madre in armonia, e se questa dovesse essere finita, scomparsa, distrutta, in ogni caso ai figli non può mancare la presenza di entrambi e la società dovrebbe superare i muri di gomma culturali di un maschio che deve essere condannato all’uscita di scena familiare ed una madre che invece resta sempre dipinta come angelo del focolare e custode della casa e del desco. Come mai di questo stereotipo distruttivo nessuno sembra accorgersi e nessuna donna sembra sentirsi offesa?

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(23 giugno 2017)