Pluralità di voci

francesco-bassanoEitan e Fahmi sono i due protagonisti di un romanzo scritto da Assaf Gavron nel 2006, “La mia storia, la tua storia”. Due coetanei sostanzialmente simili che in un altro contesto forse avrebbero potuto essere ottimi amici, magari come quello descritto in “Harvard Square” da André Aciman, se non fosse che si tratta di un israeliano e di un palestinese nel bel mezzo della seconda intifada. Due “nemici” quasi inconsapevoli che si ritrovano ognuno a raccontare la propria storia, o versione dei fatti, destinati fatalmente ad incontrarsi tragicamente in tutto il romanzo. Eitan è un everyman non schierato politicamente che scampando “indenne” da quattro attentati assurge a star nazionale, mentre Fahmi è un aspirante shahid poco motivato spinto all’integralismo soprattutto dal fratello e dalla figura “esemplare” del nonno il quale attaccò un convoglio israeliano nel 1948. Entrambi vivono l’angoscia di una guerra decennale senza riuscire a cambiare la strada che la loro esistenza gli ha riservato, attraverso una struttura polifonica già in parte utilizzata da David Grossman per raccontare il conflitto. Come nel più recente “La Collina”, il vero autore, Gavron, è però eclissato, non sono ben trapelate le sue idee sulle vicende narrate, rimangono soltanto due storie di un conflitto visto da due prospettive diametralmente opposte, a cominciare dal linguaggio usato. Morto l’autore, il lettore finisce allora per immedesimarsi in entrambi i protagonisti e nelle loro esperienze, ricercandone disperatamente un perché, che specie per le scelte ingiustificabili del secondo non troverà mai. Fahmi è un ragazzo che vive in una situazione disperata, ma a differenza di Eitan antepone un rifiuto aprioristico per la parte “avversaria”, un rifiuto ancor più incentivato dal fatto stesso che questa spesso non ricambia l’analogo sentimento nei suoi confronti. Eitan è invece privo di qualunque pregiudizio verso il prossimo, ma vive in una bolla ed è ingenuamente incapace di comprendere il resto del mondo che lo circonda e i segnali che esso trasmette.
Un altro romanzo, letto sempre recentemente e ambientato durante la seconda Intifada, “L’attentato” di Yasmina Khadra, sebbene parta con il simile presupposto di andare oltre le narrazioni comuni finisce attraverso un percorso a ritroso per giustificare le posizioni del terrorismo palestinese, rappresentate sotto le sembianze della moglie di un affermato chirurgo beduino che decide di morire come kamikaze in un bar di Tel Aviv. Nell’”Attentato” una postura diversa da quella adottata da Khadra non può essere contemplata.
“La mia storia, la tua storia” offre in qualche modo anche una parabola corrente sull’informazione e sul modo di raccontare qualsiasi fatto passato o presente, ti chiedi mettendo da parte sul momento tutte le proprie idee e certezze da che parte stia la verità, se la via utilizzata per arrivarci è in qualche modo così relativistica.
In medio stat virtus, direbbe Aristotele, e quindi anche la verità. Ancor più di un romanzo, un modo di fare informazione eccessivamente schierato o propagandastico riesce a coinvolgere dunque soltanto chi è già schierato o chi è privo di un determinato senso critico. Mentre un’informazione a più voci è la via più auspicabile per porsi delle domande e sviluppare un pensiero, che o cambia o rimane quello iniziale, magari anche fortificandosi.

(30 giugno 2017)