Una tradizione da difendere
La scorsa settimana ho avuto l’onore di partecipare a Gerusalemme alla Mishmarà in occasione del matrimonio di David Uzan e Orly Piperno, figlia di rav Umberto Piperno, a cui auguro i miei migliori auguri di mazal tov. L’antica usanza della Mishmarà della Comunità ebraica di Roma è di riunirsi alla vigilia della circoncisione, del Bar o Bat Mitzvà o del matrimonio, per leggere e studiare passi biblici e composizioni liturgiche da un apposito formulario.
Indagando sulle radici di questa antica tradizione, ho trovato che il nome Mishmarà è sinonimo di Ashmoret e Ashmura, che appaiono nella Biblia tre volte: nel Libro dei Salmi, nel Libro delle Lamntazioni e nel Libro dei Giudici. Rabbi Eliezer, nel Talmud Babilonese, spiega che vi sono tre divisioni della notte ed ognuuna di esse viene chiamata Ashmoret Layla. Rashi nel suo commento al Talmud, aggiunge che le tre Ashmorot rappresentano i turni degli angeli e che in ogni Ashmoret canta un angelo diverso. In confronto a questa descrizione grandiosa, è divertente ricordare un termine moderno che ogni soldato in Israele conosce, Mishmeret Layla o vero il turno di guardia notturno dei soldati israeliani. La Mishmarà, a differenza della Mishmeret Layla, è un’occasione molto felice e non soltanto per la pizza ebraica ed i famosi biscottini.
La veglia notturana, come quela della Mishmarà rissale al tempo della difusione della qabalà di Sefad cioè al XVII sec. È interessante notare che nello stesso secolo, proprio dall’opera di Leon da Modena, rabbino della Scola Italiana e oppositore della qabalà, impariamo che la Mishmarà era già in uso nelle comunità italiane, la notte prima della circoncisione.
Ritornando alla radice linguistica della parola Mishmarà, le lettere Mem – Reish – Shin che formulano la parola, sono le stesse a formulare la parola Shamor (osserva) a cui viene affiancata varie volte la parola Zachor (ricorda). Non è sorprendente quindi che nella Comunità ebraica di Roma la Mishmarà aveva luogo anche la settima sera di Pesach per commemorare il miracoloso passaggio del Mar Rosso e che riunioni speciali avvengono anche per la prima sera di Shavuot, per ricordare l’evento della Rivelazione della Legge, la sera di Hoshannà Rabbà, e la sera di Rosh ha Shanà lailanot (capodanno degli alberi). Per questa ragione, nel testo stesso della Mishmarà, sono ricordati alcuni eventi biblici (in particolare i raconti di Abramo nel Libro della Genesi) che vengono ricordati come zchuiot (diritti) del popolo ebraico. Non vi è dubbio quindi che la Mishmarà ha come scopo quello di benedire e proteggere il neonato, il bar / bat mitzvah o gli sposi, ma la stessa radice può costruire un’altra parola ancora – la parola shimur – conservazione. Questo significato a mio avviso aggiunge alla nostra precepizione della Mishmarà un altro ruolo: quello della conservazione, ed è proprio attraverso la conservazione delle nostre tradizioni che proteggiamo la nostra identità collettiva.
Per questo ritengo che la Mishmara di Orly e David in Eretz Israel non sia statta solo un’occasione per proteggere gli sposi, ma anche un’occasione per divulgare le nostre tradizioni, spiegarle all’esterno e proteggere quindi l’identità di tutte le comunità ebraiche italiane. Rav Nello Pavoncello (Moré Nello) Z’L in un articolo che pubblicò sulle origini della Mishmarà, nell’anno 5741 (1981), ricordò questo significato e scrisse: “Voglia il cielo che le tradizionale usanza della Mishmarà si mantenga ancora per molti anni nella Comunita di Roma e nelle altre Comunità, sia nel Galuth che in Eretz Israel ed abbia a conservarsi e tramandarsi ai posteri, segno di vitalità e di continuità della vita ebraica affinchè la catena delle generazioni non abbia mai ad interrompersi. Osservare gli usi e le tradizioni, così gelosamente trasmessi dai nostri avi è norma di vita tanto che i nostri Maestri erano soliti affermare: “L’uso tramandato dai nostri Padri è pari alla legge stessa”.
Con quest’ottica auguro ad Orly e David, come a tutti noi, di continuare a conservare le tradizioni famigliari, proteggendo la propria identità. Sperando così, di ritovarci ad una nuova Mishmarà.
Michael Sierra
(3 luglio 2017)