Rabbinato e identità ebraica,
una lista divide Israele e Usa

Scontro all’orizzonte tra ebraismo americano e israeliano. A segnare una nuova frattura, la diffusione di una lista, proveniente dal Rabbinato centrale israeliano, in cui si elencano 160 rabbini – di cui 66 americani – considerati non affidabili rispetto alla certificazione dell’identità ebraica di chi emigra in Israele. Chi fa l’aliyah (emigra in Israele) infatti deve presentare al rabbinato israeliano – ortodosso – un certificato che attesti la propria identità ebraica secondo. Nella documentazione spesso è richiesta la conferma da parte del rabbino della propria comunità di provenienza. Il mancato riconoscimento da parte del Rabbinato centrale non permette di sposarsi secondo rito ebraico in Israele. Da qui la delicatezza della questione: buona parte dei nomi presenti nella lista fanno parte delle correnti reform e conservative ma ci sono anche alcune figure di spicco dell’ortodossia americana. La “black list”, come l’hanno definita i media, è stata inviata dal rabbinato all’organizzazione Itim, no profit israeliana che si occupa di aiutare gli israeliani a confrontarsi con la burocrazia religiosa del Paese. “Stanno effettivamente creando una lista nera – ha affermato Seth Faber, rabbino e direttore esecutivo di Itim – Le dimensioni della questione sono più grandi di quanto immaginassimo e il disprezzo con cui vengono trattati rabbini di tutto il mondo è sorprendente”. Nelle scorse ore il rabbino capo ashkenazita d’Israele rav David Lau ha criticato duramente la pubblicazione della lista, iniziativa che sarebbe stata presa dal direttore generale del Rabbinato centrale Itamar Tubul. Secondo il sito israeliano Srugim, rav Lau si sarebbe infuriato perché la documentazione non era stata approvata dai rabbini capo e l’azione fatta con questa modalità comporta “un danno sia per tutto il rabbinato”.
La vicenda arriva a poche settimane dalla decisione del governo di Israele, su pressione dei partiti religiosi, di fermare la creazione di una sezione al Muro del Pianto aperta sia agli uomini sia alle donne, il che avrebbe risposto alle richieste dell’ebraismo conservative e reform, e di conseguenza alla maggioranza dell’ebraismo americano che si riconosce in queste due correnti. Il blocco ha prodotto una dura reazione dell’Agenzia ebraica – che si occupa dell’immigrazione degli ebrei in Israele – e di buona parte dell’ebraismo d’oltreoceano, scavando sempre più una divisione con Israele. Divisione confermata dal console generale israeliano a New York Dani Dayan. Alla radio dell’esercito Galei Tzahal Dayan ha dichiarato che, a differenza che in passato, lo Stato d’Israele non ha più bisogno del sostegno finanziario o politico dell’ebraismo americano, consigliando però comunque a Gerusalemme di riavvicinarsi alle correnti liberal degli Stati Uniti. Il mondo ebraico a stelle e strisce rappresenta la seconda comunità per numero di ebrei, dopo Israele: oltre cinque milioni di persone contro i sei milioni e mezzo dello Stato ebraico. La preoccupazione di molti, è che questi due mondi siano sempre più lontani.

(10 luglio 2017)