Come un grande Kaddish

lotoro“O fai di tutto per vivere o fai di tutto per morire”.
È questa la fatidica frase che Andy Dufresne, dopo due mesi in cella d’isolamento nella prigione di Shawshank, pronuncia al suo amico Ellis Boyd ‘Red’ Redding nel mitico film The Shawshank Redemption (conosciuto in Italia con il titolo Le ali della libertà).
La musica sosteneva lo spirito laddove il fisico cedeva pesantemente a causa del lavoro coatto o di punizioni esemplari o del generale disagio collettivo nei Campi; nell’immediato, adrenalizzava il deportato e il gruppo sociale che lo circondava nel Block, rinfocolando speranze di sopravvivere o di assistere in vita alla fine della Guerra.
Se poi la musica sposava il sentimento religioso, tutto acquisiva un peso specifico, un valore che trascendeva il benessere fisico e intellettuale; nel canto religioso corale, il Block viveva una specie di redenzione e fremito messianico, a qualsiasi latitudine e presso qualsiasi credo.
La musica è l’elemento culturalmente più trasversale che il genere umano possa conoscere; anche soltanto per pochi attimi, aveva il raro potere di rendere umani i carnefici e avvicinare sopite vibrazioni a quelle delle vittime ma anche di scavalcare fisiologici solchi che separano dottrine e religioni per accomunare l’universo concentrazionario sotto il segno del linguaggio musicale.
Dal Kaddish prodigiosamente intonato dal grande hazan ungherese Sholom Katz che all’ultimo istante gli salvò la vita dinanzi al plotone d’esecuzione sino al quacchero di padre ebreo William Hilsley (nato Josef Ben Mendel Hallevi) che scrisse una Messa natalizia per i detenuti cattolici del Campo di internamento civile di Kreuzburg e all’ateo Jean Paul Sartre che da prigioniero di guerra francese scrisse una poema religioso messo in musica dai suoi compagni di prigionia cristiani.
Non ultimo, il deportato violinista ebreo che il 17 dicembre 1944 a Dachau, per distrarre le guardie tedesche, si prestò a suonare il violino all’esterno del Block nel quale alcuni vescovi cattolici deportati stavano clandestinamente ordinando sacerdote il diacono Karl Leisner; sopravvissuto in condizioni fisiche disperate e morto di tubercolosi nell’agosto 1945 presso il sanatorio bavarese di Planegg, Leisner fu successivamente beatificato dalla Chiesa.
Nel momento della distretta, nessun ebreo vorrebbe trovarsi nella incredibile situazione di scegliere se salvare le proprie opere musicali (o il proprio strumento musicale) e un Sefer Toràh.
il compositore e hazan croato Bernard Gruener (1)Tuttavia accadde che il compositore e hazan ebreo croato Bernard Grüner (nella foto), dal 1918 al 1923 hazan della sinagoga di Dohány Utca in Budapest (successivamente capo hazan della Sinagoga Grande di Zagabria), salvò sia il Sefer che l’organo.
Nell’ottobre 1941, durante la demolizione della Sinagoga Grande di Zagabria da parte degli Ustaša croati, Grüner salvò i Rotoli della Legge e l’organo grazie all’aiuto del compositore cattolico croato Franjo Lučić, organista della cattedrale di Zagabria.
Ciò non salvò Grüner dall’arresto da parte degli Ustaša e dal suo trasferimento presso la prigione zagrebina di Savska; grazie all’intervento dell’arcivescovo di Zagabria Alojzije Viktor Stepinac, Grüner fu presto liberato.
All’epilogo di ogni tragico evento epocale della Storia, dalla distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, è inevitabile che sorgano i Savorei o i monaci benedettini con un precipuo scopo: salvare, codificare, recuperare, tramandare preziosi supporti cartacei che nelle loro mani diventano cassaforte dello scibile umano, caveau dei tesori spirituali di un popolo o di una civiltà.
A 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e a 64 anni dalla liberazione dell’ultimo prigioniero di guerra nei Gulag sovietici, tocca ai musicisti – novelli monaci amanuensi o maestri soferim del suono fatto segno e scrittura – fare tesoro di questa immensa letteratura musicale che ci arriva da Campi e Gulag.
Musiche talora pervenute a brandelli nei loro supporti cartacei ma intatte nel loro genio creativo e nelle loro tensioni mistiche; come un grande Kaddish che fa memoria di coloro che sono trapassati ma altresì – come Sholom Katz – salva e benedice la nostra vita.
Non ultimo, santifica lo studio compiuto e i tesori dello spirito, fonte primaria e insostituibile del linguaggio musicale.

Francesco Lotoro

(26 luglio 2017)