Il Processo dell’ultimo cabalista

Schermata 2017-08-11 alle 15.49.19C’è chi nota immediatamente l’assenza di margini e di righe. Le parole del Processo sanno già come occupare il loro spazio sulla pagina una dopo l’altra e trovano un ordine naturale per formare il principale romanzo del Novecento con una forza che lascia, nella sua forma originale, ancora oggi il visitatore a fiato sospeso. Le fortezze di Marbach che racchiudono i tesori più preziosi della letteratura di lingua tedesca mettono oggi, nel sale del centro culturale Martin Gropius Bau di Berlino, sotto gli occhi dei visitatori, l’inchiostro e la carta che Franz Kafka utilizzò per comporre il suo capolavoro. La grafia è facilmente leggibile, ma sulle pagine, oltre al respiro del grande autore è possibile scorgere ben altro. Le note a margine dell’amico Max Brod, che dopo la morte di Kafka, in fuga dall’Europa in fiamme, avrebbe portato a Tel Aviv e quindi tratto in salvo e infine dato alle stampe nel 1925 una delle massime prove della storia della letteratura. Se il romanzo sarebbe diventato un appuntamento universale e ineludibile con la letteratura del Novecento, anche il manoscritto che ne è l’anima occupa una dimensione quasi soprannaturale e da solo vale l’emozione di vedere la mostra. Riacquistato a caro prezzo dal governo tedesco da Esther Hoffe, che lo aveva ricevuto in eredità da Brod, è oggi considerato uno dei gioielli della corona della letteratura universale. Ma la mostra berlinese non si ferma alla venerazione dell’oggetto di carta, si dirama seguendo molti altri possibili percorsi tutti segnati dall’impronta dell’opera di Kafka. Ci sono le immagini amorevolmente raccolte dall’editore berlinese Klaus Wagenbach, la prova cinematografica di Orson Welles, lo scandaglio parola per parola, riga per riga, della versione originale con il confronto diretto, grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, Schermata 2017-08-11 alle 15.44.02fra la versione manoscritta e quella pubblicata. E Il Processo assume in questo modo, attraverso un caleidoscopio di dimensioni diverse, la sua reale dimensione di passaggio obbligato della letteratura e della vita, di chiave di lettura dell’identità ebraica contemporanea, di voce inestinguibile della mistica. Ricordava recentemente a Pagine Ebraiche a Parigi il rabbino Marc Alain Ouaknine la fulminante uscita di un Gerschom Scholem in cattedra all’Università Ebraica di Gerusalemme. All’ansioso studente che invocava la bibliografia da studiare per completare il corso di mistica, il saggio rispose: “È molto semplice, per comprendere la mistica ebraica bisogna leggere tutto Kafka e in particolare Il Processo”. “Quella di Scholem – commenta oggi il rabbino francese – non era solo una battuta, perché davvero Kafka, oltre che un immenso scrittore, è stato anche l’ultimo dei cabalisti”.
Kafka in mostra a Berlino mette così in luce una grande letteratura che non è mai esercizio mentale disgiunto dal destino. Proprio a pochi metri dalle sale dell’esposizione, ospite dell’Askanischer Hof, l’autore praghese scriveva nel luglio del 1914 le prime parole che aprono Il Processo.

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Agosto 2017

La vetrina delle nostre emozioni

Schermata 2017-08-11 alle 15.58.42La letteratura, un singolo romanzo, può fare spettacolo? Può tenere alto l’interesse del visitatore di un’esposizione che arriva nei grandi centri culturali spesso a caccia di emozioni e di spettacolarità della cultura? Può giustificare la richiesta di un biglietto d’ingresso? Il caleidoscopio dedicato al Processo di Kafka allestito nello scrigno berlinese del Martin Gropius Bau offre una risposta affermativa, e paradossalmente riesce a farlo senza necessariamente ricorrere alle meraviglie degli allestimenti più avanzati. Al di là dell’emozione di vedere pagina dopo pagina il manoscritto originale custodito a Marbach ed eccezionalmente messo in vetrina, al di là delle tecnologie che consentono di far collimare ogni sillaba del testo kafkiano, una lunga vetrina pone di fronte al visitatore le innumerevoli prime edizioni nelle diverse lingue in cui il libro dello scrittore praghese è apparso. Niente Schermata 2017-08-11 alle 15.58.49di più semplice eppure niente, in questa babele letteraria, in questa polifonia di edizioni che riporta a un unico testo necessario, inevitabile, di così emozionante. Non c’è letteratura e non c’è possibile lettura della vicenda ebraica contemporanea, senza il Processo. E la sequenza che declina in ogni linguaggio lo stesso testo non è solo un’esperienza indimenticabile per il bibliofilo. È anche la dimostrazione che di fronte al linguaggio delle umane emozioni ogni possibile variazione del linguaggio finisce per convergere, per subire il richiamo ineluttabile dello stesso punto originario. Kafka, cittadino modello dell’impero sommerso, prima voce di una letteratura tedesca che mai appartenne alla Germania, torna a Berlino per parlare ogni lingua dell’umanità.