Forme di cecità e forme di cura
Non so se quanto appresso narrato sia già stato riportato dalla stampa italiana, testate ebraiche comprese; potrei controllarlo, ma me lo impediscono l’indolenza in generale e quella estiva in particolare. Si tratta di una vicenda che offrirebbe diversi spunti di riflessione, appena la si volesse approfondire, segnatamente per gli scambi di ruoli, con mancati coup de théâtre, fra docenti e discenti.
Ne potrebbe uscire un film, se la vicenda fosse nota al di fuori dell’ambito scientifico; non vi è solo l’episodio centrale della patologia e della sua cura, ma vi sono anche tante storie personali non necessariamente centrali, comprese le diverse missioni mediche all’estero dell’isola a forma di caimano.
Notoriamente, la Repubblica di Cuba è assai attiva nella collaborazione con gli altri Paesi ispanoamericani nel settore sanitario e, in questo ambito, sembrerebbe che l’area oftalmica sia particolarmente importante.
In questo contesto, potrebbe interessarci il ruolo svolto da un luminare, il Professore Alfredo Sadun, figlio di un grande scienziato livornese, Elvio Sadun, che lasciò l’Italia a causa delle leggi razziali.
Il Prof. Alfredo Sadun, fra altre onorificenze, ricevette la Medaglia d’Onore della Accademia Nazionale Medica Cubana per il suo decisivo contributo allo studio di un’epidemia di cecità.
Costui, che era stato il primo a identificare diverse neuropatie ottiche dovute a malattie sistemiche come l’AIDS e l’Alzheimer’s, nel 1993 è stato scelto dalle Nazioni Unite per dirigere una squadra avente il compito di condurre ricerche su un’epidemia di neuropatie ottiche in Cuba.
Il Professor Sadun, coadiuvato dai Suoi Colleghi, scoprì che una deficienza vitaminica e la carenza di acido folico erano fra le cause di un’epidemia di neuropatie ottiche che colpiva 50.000 cubani.
La sua squadra stabilì che le razioni alimentari e le linee guida per la nutrizione dei primi anni novanta avevano intaccato i nervi ottici di cinquantamila cubani, ragion per cui si raccomandò l’assunzione di vitamina B, contribuendo così a debellare l’epidemia.
Nel suo team vi erano gli statunitensi James Martone, MD e Lillie Reyes, assieme a Benjamin Caballero, MD, e Gustavo Roman, MD, dell’Organizzazione Panamericana della Sanità, una branca dell’ONU.
Per la parte locale, Rosarlis Santiestaban, MD, è stato il principale scienziato cubano col quale collaborarono. Il leader cubano Fidel Castro ebbe frequenti incontri con i ricercatori e seguì i loro lavori in modo costante. In particolare, vi furono frequenti incontri e scambi di vedute col Prof. Sadun, la cui profondità scientifica e la cui franchezza furono particolarmente apprezzate da Castro.
Il Prof. Alfredo Sadun accertò come non fosse stata estranea allo scatenarsi dell’epidemia la campagna castrista tendente a scoraggiare l’uso interno del rum onde destinarlo all’esportazione, il che indusse i cubani a distillarlo in sede domestica, con la conseguente assunzione di metanolo, il quale si metabolizza in formiato, con il rischio di danni al nervo ottico.
I casi di cecità iniziarono a manifestarsi verso la fine del 1992 per poi crescere in modo esponenziale, costringendo il Ministro della Sanità cubano a rivolgersi all’ONU. All’epoca, in Cuba si credeva che l’epidemia fosse stata provocata da un virus, il quale si sarebbe potuto diffondere anche in altri Paesi. Nel maggio del 1993, il Prof. Sadun coi suoi colleghi trascorse una settimana nell’isola, esaminando i pazienti e cercando di accertare le cause dell’epidemia, che fu denominata Cuban epidemic of optic neuropathy (CEON). I ricercatori consigliarono di distribuire acido folico ai residenti in Cuba. Quando il Prof. Sadun fece ritorno, nel mese di settembre, riscontrò che l’epidemia si era arrestata.
Dopo diverse trasferte a Cuba, i ricercatori si incontrarono per ultima volta nell’agosto 2001, riscontrando che non vi erano nuovi casi di CEON; fu in tale incontro che il Prof. Sadun fu sorpreso nell’apprendere che gli sarebbe stata assegnata la predetta Medaglia d’Onore. Malgrado la sorpresa, è da segnalare che tale riconoscimento era largamente meritato perché, fra tante ipotesi avanzate, furono proprio quelle del Prof. Sadun a rivelarsi corrette.
Fra altro, il Prof. Sadun informò di persona Castro che, a suo parere il numero di vittime dell’epidemia era stato sovrastimato per via di alcuni errori di diagnosi, laddove i problemi visivi erano da ricercare in cause diverse da quelle alla base dell’epidemia, quali la patomimia o l’isteria. Nei riguardi di queste critiche, Fidel Castro si sarebbe mostrato estremamente ricettivo e reattivo.
Ad un certo punto, quando Castro domandò cosa si dovesse fare nei riguardi del rum, Sadun suggerì di abrogare il divieto e di regalare il rum per impedire che fosse distillato in casa. “Questo è fattibile” rispose Castro; il Prof. Sadun disse che scherzava ma Castro rispose “non è una cattiva idea”.
Attualmente, come detto, gli oculisti cubani girano buona parte del mondo e i loro interventi dovrebbero sottintendere un qualche loro standing scientifico. Per ora, possiamo limitarci ad evocare i tanti colloqui fra un Sadun e un Castro, sperando che fra tante afflizioni possa essere rimasto un seme e che questo seme trovi delle personalità cubane non banali che lo possano far germogliare nell’isola che, per ora, per via dei tanti ebrei emigrati e della mancanza di rapporti diplomatici con Israele, per certi versi non c’è o non c’è ancora.
Emanuele Calò, giurista
(29 agosto 2017)