Mauro Zonta (1968-2017)
A fine agosto è mancato uno dei maggiori ebraisti italiani, il professor Mauro Zonta, docente di storia del pensiero ebraico al Dipartimento di filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. Stava per compiere 49 anni. Il suo lascito scientifico e culturale è immenso e destinato a restare a lungo come modello di rigorosa e competente ricerca storico-filologica e come fonte di ispirazione per nuovi studi. Zonta era apprezzatissimo nel suo campo, la filosofia ebraica medioevale, non solo in Italia ma anche in Europa e in Israele. Aveva studiato a Pavia e a Torino, sotto la guida di Bruno Chiesa (a sua volta prematuramente scomparso) e di Giuliano Tamani, alla scuola di ebraistica di Paolo Sacchi. Ma le sue ricerche si erano subito spostate a Parigi, a Oxford e Cambridge, a Roma e a Napoli, e naturalmente alla Biblioteca nazionale e universitaria di Gerusalemme, miniera di quei manoscritti medioevali che Zonta sapeva ‘far parlare’.
A livello culturale dobbiamo a lui la prima traduzione italiana completa, dall’originale giudeo-arabo, della “Guida dei perplessi” di Maimonide (Dalalat al-ha’irin in arabo o Morè nevukhim in ebraico) pubblicata nella collana dei classici del pensiero dalla Utet nel 2003 e in versione tascabile nel 2013, cui fece seguito, nel 2011, una biografia intellettuale del Rambam edita da Carocci. Ma la sua scholarship fu assai più vasta e si condensa in ben 13 volumi, 129 articoli scientifici in diverse lingue e in 23 lunghe voci enciclopediche. A cominciare dalla tesi di dottorato, subito pubblicata, dal titolo: “La traduzione ebraica del Commento medio di Averroè alla Metafisica di Aristotele” (1995) e seguito di lì a poco dal magistrale volume “La filosofia antica nel medioevo ebraico” (1996). Del 2002 è il testo “La filosofia ebraica medioevale. Storia e testi”, mentre del 2006 è un ponderoso volume in inglese sulla scolastica ebraica nel XV secolo. Zonta sapeva scovare traduzioni ebraiche sconosciute di testi arabi e latini ritenuti perduti e individuarne gli autori (cosiddetti minori), spesso del tutto trascurati dalle storie del pensiero ebraico correnti e più diffuse. Un vero e proprio lavoro di riscatto e redenzione, un tiqqun della grande tradizione filosofica ebraica che fiorì tra medioevo e rinascimento in Italia, in Provenza e in Spagna. Si muoveva agilmente infatti anche in altre lingue: oltre all’ebraico, al greco e al latino, conosceva bene l’arabo e il siriaco e tutte le maggiori lingue europee. Con un progetto finanziato dal CNR recentemente aveva lavorato su “Lessicografia semitica e lessico ebraico”, dando alle stampe un originale “Saggio di lessicografia filosofica araba” (2014) svolgendo anche ricerche sull’etica ebraica (con la prof.ssa Irene Kajon) e sullo scetticismo nel giudaismo (con il prof. Giuseppe Veltri). L’elenco delle sue pubblicazioni è lungo, per una vita troppo breve seppur ricca di lavoro e di insegnamenti. Che il suo ricordo e il suo magistero siano di benedizione.
Massimo Giuliani
(7 settembre 2017)