Libertà religiosa

lisa-billigDi seguito l’intervento di Lisa Palmieri-Billig, rappresentante in Italia e Santa Sede dell’American Jewish Committee (Ajc), in occasione della tavola rotonda Limiti e possibilità della libertà religiosa, tenutasi alla Moschea di Roma (6-7 settembre).

Il nostro tema oggi è: la libertà religiosa. Allora inizio subito col dirvi che questo incontro, di per sé, dimostra che in Italia esiste la libertà di religione: i seguaci di ogni religione sono liberi di incontrarsi pubblicamente e dichiarare qualunque idea che non sia incitazione all’odio, o incitazione alla distruzione della Repubblica.

È molto bello essere qui, nella moschea più grande al di fuori del mondo islamico, della Russia e dell’India. Ed è molto incoraggiante che noi qui oggi possiamo parlare di libertà religiosa di fronte ad una platea multiculturale e multireligiosa in questa moschea e sotto gli auspici del Centro Culturale Islamico. Vorrei ringraziare la Prof. Antonella Castelnuovo per l’invito e per avere ideato e realizzato un convegno su questa attualissima tematica, e poi vorrei ringraziare in modo particolare Il Segretario Generale di questo centro, dottor Abdellah Redouane, un caro e fedele amico di vecchia data di Religioni per la Pace, l’organizzazione di cui io sono Presidente Onoraria, dopo aver servito per oltre 25 anni nel Comitato Esecutivo Europeo.

Mi sento costretta, comunque, in nome delle possibilità costruttive di un dialogo interreligioso, oltra che per amore della verità e della sincerità, di esprimere il mio rammarico e la mia preoccupazione, perché un simile incontro non è ancora possibile in molti dei Paesi dove l’Islam si trova in posizioni di potere, e dove rappresenta la maggioranza della popolazione. Mi piacerebbe che fosse possibile che questa conferenza si svolgesse in una altrettanto grande e bella cattedrale cattolica o un tempio ebraico in una delle nazioni islamiche dove i luoghi di culto delle religioni diverse dall’islam sono stati distrutti, oppure viene negato il permesso di costruirli o ricostruirli.

So bene che tutti noi condividiamo questa speranza e ci impegnamo per la sua realizzazione perchè la reciprocità è l’anima della libertà di religione. È la piattaforma di base per un dialogo che non vuole essere fatto di semplici dichiarazioni di buone intenzioni – in un esercizio di narcisistica soddisfazione reciproca senza conseguenze pratiche, in un’atmosfera di “politically correct” che termina a “tarallucci e vino” e “volemose bene”, come si dice da queste parti – invece di portare ad azioni positive concrete e doverose per realizzare i nostri scopi etici, — (nella tradizione ebraica sono le “mitzvoth”)

La struttura dei sistemi legali e di governo delle società occidentali è di carattere laico. Vuol dire che le autorità religiose e quelle dello stato esistono in sfere differenti, e separate. Questa separazione obbligata tra il potere temporale e quello religioso è una differenza fondamentale tra la tradizione islamica e quella occidentale, a cui le minoranze e gli immigrati, in Italia e nel resto dell’Europa, sono chiamati ad adattarsi – senza aspirare a cambiare l’ordine esistente. Nel mondo occidentale questo ordine, questa separazione, è vissuta come cosa necessaria per garantire la libertà e il rispetto dei diritti umani. Nel passato, migliaia se non addirittura milioni di persone hanno perso la vita per difendere questa separazione…che prima non esisteva.

La libertà di religione va di pari passo con l’eguaglianza di genere e con la libertà di tutte le diversità ad esprimersi, che offre protezione a tutti gli individui alla stessa maniera. Include la libertà di pensiero e di assemblea, la libertà di scegliere il proprio stile di vita, anche tra quelli visti con disapprovazione da molti, o non ammessi dalle norme religiose dei vari fedi, come ad esempio l’infedeltà di un uomo o di una donna, la pratica dell’omosessualità, il cambio di identità di genere e la libertà di non credere, per gli atei e per tutte le minoranze.

L’unico limite imposto a queste libertà è la condizione che l’esercizio di queste libertà non danneggi altri individui, o li privi delle loro libertà. Nei Paesi in cui vige la Shariah, chi sceglie queste libertà è spesso soggetto a punizioni severe o addirittura a condanne a morte, condanne che l’occidente ha abolito pienamente solo in tempi recenti.

La libertà religiosa, è un diritto fondamentale, che fa parte della categoria dei “diritti umani”. È un diritto dichiarato, sebbene non sempre messo in pratica, da centinaia di anni. Viene definito come “libertà di cambiare religione o di non professarne alcuna, di manifestarla nell’insegnamento, nella pratica, nell’adorazione e nell’osservanza, senza limitazioni o ritorsioni da parte di autorità costituite, conservando gli stessi diritti dei cittadini che hanno fede differente. (Wikipedia)

“La libertà di religione e la libertà da la religione sono due facce della stessa medaglia. La libertà da la religione è la libertà dalle2 regole e dai dogmi delle religioni degli altri o anche della propria, in modo che possiamo essere liberi di seguire i dettami delle nostre coscienze, che siano religiose o meno”. (come scritto da Austin Cline, June 29 2015 ThoughtCo. Freedom From Religion vs. Freedom of Religion Myth www.thoughtco.com – Religion & Spirituality)

Un breve tuffo nel passato a cercare esempi della libertà di, e libertà da la religione, ci porta a scoprire alcune testimonianze.

Uno dei primi documenti storici a favore dei diritti dell’individuo è la Magna Carta del 1215, a cui fece seguito più di 400 anni più tardi, nel 1689 il “Bill Of Rights”, in cui viene specificato che la “persecuzione su base religiosa” è inammissibile. Ma come detto, alle dichiarazioni non sempre fanno seguito le azioni concrete, e così nel 1776 i coloni ed i pionieri, che fuggivano dalle persecuzioni religiose in Europa e trovavano rifugio nel nuovo continente americano, scrissero la loro “Dichiarazione di Indipendenza”.

In quella Dichiarazione, c’è una frase memorabile che si distingue da tutti i documenti precedenti, è una frase imbevuta di un nuovo spirito di libertà universale e di eguaglianza per tutti gli esseri umani, e recita così: “Noi riteniamo che sia verità manifesta: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità” – un elenco di diritti umani straordinario per l’epoca. Di significato particolare è “la ricerca della felicità”, un’idea che è diventata nel tempo ispirazione e motivazione di impegno e di progresso, nella convinzione che i limiti dello sviluppo umano e della crescita possano ampliarsi largamente.

È la base del “Sogno Americano”, che ha dato speranza a tanti immigrati che ritenevano che questo loro “melting pot” (come veniva chiamato la convivenza di diversi), e la loro fusione in ideali condivisi, diventasse la nuova identità del cittadino americano.

Sappiamo bene che i sogni utopici non possono realizzarsi pienamente in un mondo fatto di esseri umani intrisi da imperfezioni. Basta ricordare che dovette passare un altro secolo prima dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti, e un altro ancora affinché le discriminazioni da parte della vecchia classe dominante dei “WASP” (bianchi, protestanti anglo-sassoni) verso i neri, gli ebrei, i cattolici ed altre minoranze, venissero abolite per legge. Il percorso della storia verso la giustizia e la libertà è un percorso lungo e difficile, e spesso devia dalla direzione ideale.
Malgrado ciò, la Dichiarazione d’Indipendenza fece da modello e da impeto per la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” della Francia post-rivoluzionaria del 1793.

Il testo fu ideato da Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori e futuro Presidente degli Stati Uniti assieme al Generale Lafayette, protagonista sia della Rivoluzione americana che di quella Francese.

L’Articolo IV è di particolare rilevanza: “La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano anche agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla Legge.”

In seguito, altri documenti storici hanno arricchito il concetto di diritto alla libertà di religione. La Dichiarazione d’Indipendenza di Israele del 14 maggio 1948, dichiara che il nuovo Stato “sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.

Dopo settant’anni da questa Dichiarazione possiamo constatare che sia stata realizzata solo in parte. La libertà di religione c’è, ci sono sinagoghe, moschee e chiese in tutto il paese ma manca ancora la pace con tutti connessi.
Anche le Nazioni Unite hanno dato il loro contributo importante allo sviluppo della libertà religiosa, nello Statuto nel 1945 prima, e poi il 10 dicembre 1948, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. L’Articolo 18* dice: ”Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.”
Altri contributi importanti si trovano negli Articoli 19, 20, ed altri ancora* .
Tuttavia, fino ad oggi gli effetti negativi della religione si sono manifestati ogni qualvolta la religione abbia preso il potere temporale ed autoritario, andando oltre i limiti della sua naturale sfera: che sarebbe la spiritualità, e l’insegnamento ai giovani delle differenze tra il bene ed il male.

Attraverso i secoli, l’impeto di quasi tutte le religioni per la conquista delle “anime” tramite il proselitismo o la forza, ha scatenato ripetuti episodi di violenze, di terribili persecuzioni e di guerre in nome della religione. La lista è lunga: l’inquisizione, le guerre sante, le crociate, le guerre tra induisti, buddisti e musulmani, e oggi, la persecuzione islamista degli yazidi ,dei cristiani e altre minoranze nonchè degli stessi musulmani di diversa o meno rigida osservanza, a centinaia di migliaia -– infatti i musulmani costituiscono il maggior numero delle vittime della pazzia contemporanea denominata “islamismo”; poi le guerre di religione “ecumeniche” come quelle tra il cattolicesimo e le sette protestanti denominate “eretiche” o quelle tra l’islam sunnita e l’islam sciita. Le persecuzioni, come i ripetuti “pogrom” delle minoranze ebraiche da parte delle maggioranze cristiane o quelle musulmane nei Paesi a maggioranza musulmana, dei bahai, oltre alle persecuzioni contro altre minoranze etniche o religiose. In tempi di relativa pace, ci sono state forme meno violente ma comunque umilianti di asservimento delle minoranze religiose, come la categoria dei “dhimmi” nell’Islam , cittadini protetti ma di seconda classe a cui erano negati i diritti e imposte tasse speciali, o nei Paesi a maggioranza cristiana dove fino al tardo diciannovesimo secolo agli ebrei, obbligati a risiedere nei ghetti, erano vietate le professioni, umiliati durante le feste religiose e costretti al pagamento di tasse speciali alla Chiesa cattolica.

Dobbiamo constatare che nonostante i nobili proclami dei documenti, le perle di saggezza e gli alti ideali umanitari contenuti nei testi sacri di tutte le principali religioni del mondo – ebraismo, cristianesimo, islam, induismo, buddismo e così via – la realizzazione dei diritti umani e della libertà religiosa non ha avuto vita facile, non solo per via dei totalitarismi religiosi ma soprattutto, nel secolo scorso, per via di due ideologie secolari anti-religiose, il nazi-fascismo e il comunismo, che hanno causato centinaia di milioni di morti.
Sfortunatamente con la liberazione e il ritorno delle attività religiose lì dove erano state proibite o represse, è apparsa anche una diffusa ignoranza dei principali punti di riferimento culturali, filosofici, politici, storici e religiosi del nostro patrimonio culturale, oltre ad insegnamenti e prediche errate e superficiali. In tutte le religioni non mancano di certo interpretazioni fondamentaliste e semplicistiche, e di conseguenza le interpretazioni più profonde e illuminate dei testi sacri, che vanno ben oltre il loro significato letterale, sono sconosciute. È questo uno dei fattori che ha portato all’ideologia deviata, perversa e brutale del terrorismo islamista.

Tuttavia, l’ISIS non è la nostra sola preoccupazione. I due rami principali dell’Islam che corrispondono alle diverse maggioranze presenti nei vari Paesi islamici – il ramo sunnita e quello sciita – oggi sono in guerra tra di loro, e nel conflitto fra i loro rispettivi paesi stanno mettendo a ferro e fuoco l’intera area del Medio Oriente. Le minoranze cristiane, assieme ad altre minoranze come gli yazidi (che sono considerati idolatri o apostati dagli islamisti), vengono massacrate, mentre induisti, musulmani e buddisti in India, in Pakistan, in Birmania ecc. si susseguono nel massacrarsi l’un l’altro oltre a bruciare i rispettivi luoghi sacri.

Ma sarebbe enormamente ingiusto, dimenticare in questo quadro desolante che la stragrande maggioranza di tutti noi, di tutte le religioni, cerca disperatamente la pace e la sicurezza. Abbiamo un bisogno vitale l’un l’altro, di conoscerci, di condividere le nostre comuni aspirazioni, di capire le sofferenze altrui. Mentre in Europa cresce la diffidenza e i pregiudizi contro i musulmani, si risveglia anche l’antisemitismo (che purtroppo spesso deriva dagli stessi musulmani come dimostra una recente indagine del “PEW Poll” in cui risulta che circa il 50% dei giovani musulmani francesi esprimono atteggiamenti antisemiti); noì dobbiamo avere la forza e la volontà di batterci contro l’ignoranza dilagante e rimanere uniti nella ricerca e l’impegno per un futuro di pace e di libertà religiosa — attraverso l’educazione ad una società democratica, integrata dove la diversità è un valore non una minaccia, una società che insegni la cultura e i valori dei diritti umani.

In questo contesto è bene ricordare che gli uomini che idearono i famosi documenti sulle libertà religiose e sui diritti umani citati, hanno ereditato questi valori dalle tradizioni religiose in cui sono loro stessi cresciuti. Lavorando in un contesto laico e secolare, sono stati comunque capaci di creare qualcosa di migliore, senza che si rendesse necessaria l’interferenza della sfera della religione nella sfera del buon governo.
Riassumiamo: nel nome di tutte le libertà e dei diritti umani, dobbiamo essere uniti nel combattere con fermezza ogni forma di razzismo, incluso l’antiSemitismo e l’islamofobia, ma allo stesso tempo dobbiamo impegnarci a difendere i valori della nostra civiltà e, sempre assieme, rifiutare la violenza e le usanze barbariche mascherate da valori religiosi. Non dobbiamo fare lo stesso errore che fece Chamberlain quasi ottanta anni fa. Le conseguenze sono inimaginabili. Dobbiamo ritornare ad essere fieri del nostro patrimonio, unendo le voci di tutte le persone di buona volontà, qualunque sia il loro credo religioso, la loro appartenenza etnica o il loro stile di vita.

Allora forse l’anno prossimo potremo veramente incontrarci di nuovo, magari in una chiesa o in una sinagoga restaurate, o persino in un Centro per i Liberi Pensatori, in un Paese dove oggi questi luoghi non esistono. E potremo parlare liberamente di considerazioni più felici sul dialogo interreligioso e la libertà di religione, ricordando ad esempio la proficua collaborazione intellettuale tra musulmani, ebrei e cristiani durante l’epoca d’oro in Spagna.

Lisa Palmieri-Billig, rappresentante in Italia e Santa Sede dell’AJC – American Jewish Committee

(8 settembre 2017)