Gerusalemme, l’ora del Giro
Nel nome di Gino Bartali

rassegnaGrande attesa a Gerusalemme per la presentazione del Giro d’Italia, che nel 2018 partirà proprio da Israele. È un progetto, spiega il Corriere, che nasce anche nel nome di Gino Bartali. Il campione fiorentino che oltre a scrivere pagine indimenticabili di ciclismo fu eroe fuori dalle corse, con un ruolo determinante nel salvataggio di diversi ebrei perseguitati dal nazifascismo. “È questo nome qui, Gino Bartali, il seme da cui è nata l’ispirazione per questa avventura. Sono undici lettere scolpite nella pietra, in cima alla seconda colonna dedicata agli italiani, nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme” scrive il quotidiano di via Solferino.
Bartali si prese il rischio, nascose i documenti nel telaio della sua bicicletta da corsa e pedalò a testa alta per salvare tante vite. E inoltre, sottolinea il Corriere, nascose alcune persone nella cantina di una casa di sua proprietà. “Proprio la testimonianza di un bambino di allora, Giorgio Goldenberg, raccolta dal giornalista fiorentino Adam Smulevich, si è rivelata decisiva per il riconoscimento ufficiale”.
La Stampa si focalizza invece sulla Israel Cycling Academy, la prima squadra professionistica israeliana: “Sogna il Giro, aspetta la chiamata dall’organizzazione con una wild card e intanto pedala e pedala”. Spiega il team manager Ran Margaliot, a capo di un più ampio progetto di sensibilizzazione nazionale su questa disciplina: “Più che un team, siamo una start-up”. Perché Israele? Risponde Mauro Vegni, direttore del Giro: “Perché è un Paese giovane che vuole mostrarsi al mondo, che vuol far vedere che qui si vive in pace”.

Hamas annuncia che scioglierà il suo governo ombra a Gaza e dopo un decennio di lotte fratricide permetterà ad Abu Mazen d’insediare i suoi ministri del Fatah nella Striscia. S’avvera il sogno dell’unità palestinese, osservano alcuni analisti. “Da crederci? Nel 2014, a un annuncio simile non è mai seguito un solo fatto. E negli sfinenti colloqui del Cairo, ancora oggi, le parti rifiutano perfino di stringersi la mano. Di sicuro, pesa sull’annuncio l’imminente incontro di Abu Mazen con Trump: come sarà accolto un presidente palestinese sostenuto da un’organizzazione che è sulla lista nera del terrorismo? E contano l’elettricità (e i soldi) che l’Autorità palestinese non gira più a Gaza – scrive il Corriere – dove due milioni di persone campano con quattro ore di luce al giorno”.

Per raggiungere la stabilità e la pace in Medio Oriente si deve tornare agli Stati tribali omogenei. È la tesi dell’analista israeliano Mordechai Kedar, che ne ha parlato nel corso di una conversazione con il direttore della Stampa Maurizio Molinari sulle trasformazioni degli Stati arabo-musulmani in Medio Oriente, in occasione del congresso nazionale di Udai (Unione di Associazioni per Israele) svoltosi nelle scorse ore a Roma. Kedar, ricorda il quotidiano, è uno dei massimi esperti di geopolitica mediodentate e nel 2011, con la Primavera araba, “fu il primo in Israele a vedere nelle rivolte l’inizio dell’implosione degli Stati nazionali arabo-musulmani”.

“Niente corona al Campo X”. Con un post su Facebook il sindaco di Milano Beppe Sala placa la polemica apertasi dopo le dichiarazioni dell’assessore comunale Carmela Rozza che aveva proposto “una corona per tutti i caduti” sepolti nel cimitero Maggiore, anche per quelli della Rsi. Spiega il Corriere: “Negli ultimi due anni della giunta Pisapia fu posta una corona. L’Anpi protestò. Furono presentate interrogazioni in Consiglio comunale. E quasi si consumò uno strappo, a sinistra, quando nel novembre 2015 tra i nomi iscritti come ogni anno nel Famedio del Cimitero Monumentale ci fu quello del senatore missino Servello.

(18 settembre 2017)