Festa del libro ebraico di Ferrara
Pagine di storie ebraiche

I tradizionali “Incontri con l’autore”, promossi dal MEIS nell’ambito della Festa del Libro Ebraico a Ferrara”, sono stati molto partecipati anche quest’anno.
A inaugurare il ciclo, ieri pomeriggio, nella centralissima Sala Estense, è stata Paola Bassani. Insieme ad Alberto Cavaglion (Università degli Studi di Firenze), Paola ha ripercorso sul filo dell’emozione l’autobiografico “Se avessi una piccola casa mia. Giorgio Bassani, il racconto di una figlia” (La nave di Teseo, Milano, 2016) e ha riaperto alcune pagine dell’album di famiglia, soffermandosi in particolare sul legame col padre Giorgio: poeta, narratore, insegnante, giornalista, sportivo, politico, sceneggiatore e soprattutto genitore, marito e uomo passionale.
Calimani_HamauiIl secondo appuntamento è stato all’insegna del dialogo tra Riccardo Calimani e Rony Hamaui. Nel suo “Storia degli Ebrei di Roma” (Mondadori, Milano, 2017), Calimani scandaglia gli ultimi due secoli di vita della comunità ebraica romana – la più numerosa e antica d’Italia –, caratterizzati dai profondi e talvolta drammatici cambiamenti nelle relazioni fra la maggioranza cristiana e questa piccola minoranza, in una dinamica convulsa di emarginazione e inclusione, integrazione, discriminazione e sterminio. Tra dati storici e avventurose biografie, in “Ebrei a Milano” (Il Mulino, Bologna, 2016), Hamaui si concentra, invece, sulla presenza degli ebrei a Milano, a partire dagli inizi dell’800, con l’arrivo delle armate napoleoniche e delle nuove idee libertarie, dopo che per quindici secoli era stato vietato loro di risiedere in città. E in questo nuovo clima tollerante ed economicamente attraente, si forma una comunità ebraica tanto istruita, ricca, laica e partecipe delle vicende nazionali quanto eterogenea sotto il profilo geografico e culturale, anche a seguito dei flussi migratori provenienti dall’Europa e dai Paesi arabi nel’900.
Terracina_Procaccia_Luzzatto VogheraIl focus su “Una storia nel secolo breve. L’orfanotrofio israelitico italiano Giuseppe e Violante Pitigliani” (La Giuntina, Firenze, 2016), su cui sono intervenute le autrici Angelina Procaccia e Sandra Terracina, la curatrice Micaela Procaccia e Gadi Luzzatto Voghera, ha offerto al pubblico uno sguardo su una delle istituzioni più longeve dellʼebraismo italiano post-unitario, dalla sua fondazione (1902) fino al 1972. Attraverso mutamenti politici e sociali, il Pitigliani ha svolto e svolge tuttora la sua missione di assistenza allʼinfanzia, dopo aver accolto e protetto bambini di Roma e di molte altre città italiane, e aver fornito un rifugio ai profughi dalla Francia nel 1943 e dalla Libia nel 1967. Con una narrazione corale, sostenuta dalle voci di ex ospiti e personale dell’orfanotrofio e da una solida documentazione di archivio, il libro fotografa il Pitigliani e i suoi rapporti con le altre istituzioni ebraiche, mettendo in luce aspetti inediti della società e dell’educazione ebraiche italiane.
Affiancata da Andrea Pesaro, presidente della Comunità ebraica di Ferrara, Sabina Fedeli ha illustrato il suo racconto-intervista “Gli occhiali del sentimento. Ida Bonfiglioli: un secolo di storia nella memoria di un’ebrea ferrarese” (La Giuntina, Firenze, 2017), dove tratteggia il ritratto di una donna che è stata una vera e propria istituzione per Ferrara: profonda conoscitrice della musica classica e contagiata dalla passione bibliofila del marito, di Ida Bonfiglioli (scomparsa a 104 anni) vengono rievocati i giorni spensierati nella casa dello zio Silvio Finzi Magrini (che morirà ad Auschwitz), le partite nel suo campo da tennis, quando i circoli sportivi erano stati preclusi agli ebrei, e altri momenti di una vicenda privata emblematica di un secolo di storia italiana.
La chiusura degli incontri è stata dedicata a “La psicoanalisi” di Enzo Bonaventura (Marsilio Editore, Venezia, 2017), il grande corrispondente italiano di Freud, poi caduto nel dimenticatoio. David Meghnagi, che ha curato e introdotto il testo, e i condirettori della rivista “Psicoterapia e Scienze Umane”, Pier Francesco Galli (anche fondatore) e Paolo Migone, hanno focalizzato la figura di questo pensatore. Benché espressione di un crogiuolo di intelligenza sefardita di primissimo livello, Bonaventura non ottenne mai una cattedra universitaria, a causa di rocambolesche vicende accademiche, prima, e delle leggi razziali, poi. E ciò spinse lo studioso – sionista della prima ora e amico personale di Chaim Weizmann – a emigrare in Israele, dove diventerà il padre della psicanalisi israeliana.

Daniela Modonesi