Rivalutiamo i mestieri noiosi

Emanuele CalòMarcel Proust, nella Recherche (Il tempo ritrovato, Matinée dai Principi di Guermantes), informa il mondo di essere disceso ancora dalla carrozza poco prima di arrivare dalla principessa di Guermantes, ricominciando a pensare alla malavoglia e alla noia con la quale, la vigilia, aveva tentato di trovare la linea che, in una delle campagne più belle di Francia, separava sugli alberi l’ombra dalla luce. Le conclusioni intellettuali che ne aveva tratto non coinvolgevano quel giorno, così crudelmente, la sua sensibilità, ma restavano le stesse. Tuttavia, come ogni volta che veniva strappato alle sue abitudini, uscito in un’ora diversa dal solito e giunto in un luogo nuovo, provava un grande piacere («et je recommençai à penser à cette lassitude et à cet ennui» laddove ennui è un termine polisenso, che non esclude la noia).
Ma anche Jean-Paul Sartre (La Nausée) nota che “il mio sguardo scende lentamente, con noia, su quella fronte, su quelle guance (Mon regard descend lentement, avec ennui, sur ce front, sur ces joues). Questa noiosa epifania della noia, in tutte le sue varietà, assurge alla sua celestiale consacrazione nella frase tagliente della versione italica dei due Jacques, Brel e Prévert: tutto il resto è noia.
Discorrendo di noia, la demonizzazione delle c.d. destre israeliane non demerita affatto nella classifica della scocciatura, perché per essere di sinistra bisogna che ci sia una destra, la quale, a sua volta, pensa bene di demonizzare la sinistra. Ambedue, per non far torto a nessuno, spesso pensano bene anche di demonizzare se stesse. Non l’aveva già spiegato Sartre (L’esistenzialismo è un umanesimo “l’homme est toujours le même en face d’une situation qui varie et le choix reste toujours un choix dans une situation”?
In democrazia, le scelte fra il bene e il male corrispondono a situazioni estreme, mentre l’alternanza al potere determina un salutare equilibrio. Non sparate, per favore, sui Primi ministri, anche se fossero israeliani. Altrimenti, quello diventerà uno dei tanti lavori svolti solo dagli stranieri, perché i cittadini non li vogliono più svolgere, in quanto considerati se non degradanti, quanto meno non esaltanti.

Emanuele Calò, Giurista