Il Diario entra negli stadi

rassegnaI tifosi della Lazio oggi al seguito della squadra a Bologna saranno ospitati nella curva che porta il nome di Arpad Weisz, allenatore ungherese che fece grande la compagine felsinea (oltre all’Inter) e che, in quanto ebreo, fu deportato e ucciso dai nazifascisti. Una vicenda a lungo dimenticata, riscoperta solo grazie al libro Dallo scudetto ad Auschwitz di Matteo Marani.
Non sfugge ai giornali questo involontario “contrappasso” riservato al tifo biancoceleste, a poche ore dall’orrenda iniziativa antisemita di un gruppo di ultrà laziali (fortunatamente individuati) che non smette di far parlare istituzioni, mondo del calcio, opinionisti.
Un minuto di riflessione su tutti i campi di calcio per condannare i recenti episodi di antisemitismo e per continuare a coltivare la memoria della Shoah e l’impegno della società civile tutta, soprattutto assieme ai giovani, affinché ogni contesto sportivo sia luogo che trasmetta valori e formi le coscienze. Questa la decisione presa ieri mattina dalla Federcalcio d’intesa con il ministro dello Sport e con l’adesione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Si è partiti con Inter-Sampdoria, giocata ieri. Stasera il minuto di riflessione sarà riproposto prima tutti gli altri incontri del turno infrasettimanale (tra cui, appunto, Bologna-Lazio).
“Stadi, basta antisemitismo” titola il Corriere della sera, riportando parte dei numerosi interventi istituzionali delle scorse ore (tra gli altri, quello del capo dello Stato Sergio Mattarella e del premier Paolo Gentiloni). “Il calcio porta Anna Frank negli stadi” scrive il Corriere dello sport. “Il calcio si ribella alla vergogna” sottolinea la Gazzetta.
Diversi in genere gli approfondimenti dedicati al mondo delle curve, spesso ostaggio di figure estreme che cavalcano odio e risentimento. Repubblica, tra gli altri, riporta in un dossier gli episodi più eclatanti che in questi anni hanno “minacciato i club” e “avvelenato gli stadi”. Scrive il quotidiano: “Razzismo e Hitler, in un mondo guidato spesso dalla politica”.
Così il presidente laziale Claudio Lotito, a proposito della sua iniziativa al Tempio Maggiore di Roma (non concordata con la Comunità ebraica e fortemente criticata dal rabbino capo Riccardo Di Segni), in un’intervista alla Stampa: “L’ho fatta perché così mi ha detto la mia anima, il mio cuore. Non sono andato in sinagoga per discolparmi da qualcosa, ma perché lo sentivo, era un atto, per me, dovuto”.
Secondo il Messaggero invece, lunedì sera, sull’aereo che da Milano lo stava portando a Roma, Lotito avrebbe sbuffato così, tra i passeggeri a bordo: “Famo sta sceneggiata”. Il presidente della Lazio avrebbe inoltre chiesto ai suoi collaboratori: “Il rabbino è a New York, er vice-rabbino ci sarà?”. Per poi aggiungere: “Non valgono un ca..o questi. Hai capito come stamo?”.
Il rav Di Segni, in un editoriale su Repubblica Roma, scrive: “Non dobbiamo interpretare questo episodio come un banale incidente, ma come un sintomo allarmante di un malessere profondo e diffuso che ci deve far riflettere tutti insieme per una soluzione comune”. Intervistato da Avvenire, anche lo studioso Alberto Cavaglion lancia l’allarme: “Per rendersi conto dell’imbarbarimento della società non occorre andare allo stadio. Basta prestare ascolto ai discorsi che si sentono per strada oppure in autobus”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(25 ottobre 2017)