Scontro istituzionale

jesurumCome ha ha fatto notare su queste colonne Dario Calimani martedì scorso, in Israele è in atto uno scontro istituzionale di livello mai registrato prima sia per asprezza che per importanza dei “duellanti”. Il Presidente Reuven Rivlin attacca il governo di Bibi Netanyahu, accusato di fare il possibile per assoggettare il potere giudiziario, la stampa, le forze di sicurezza, l’esercito – che Rivlin definisce «pilastri della democrazia». Ancora più squallido è che l’intera operazione che qualcuno paragona a un piccolo e soft putsch governativo abbia come scopo principale mettere al riparo il premier dalle inchieste per corruzione. E quale metodo migliore se non delegittimare la Corte Suprema e i mezzi di informazione? Giustamente Calimani sottolinea che Rivlin non è certamente un militante di Peace Now & C bensì un uomo di destra, che ha sempre militato nel Likud, che è favorevole alla Grande Israele, che ha lavorato per l’intelligence dell’esercito e ha partecipato alla Guerra dei Sei Giorni. Com’era prevedibile, le parole del Presidente alla Knesset hanno immediatamente ridato fiato ai fanatici istigatori di odio (il clima politico precedente l’assassinio di Rabin se lo ricorda qualcuno?). E così – per fare un solo esempio – sui muri di una yeshivà del sobborgo haredì di Bnei Brak, appena fuori Tel Aviv, Rivlin è stato subito bollato con gli epiteti «nazista e apostata oltre che un abominio».
Fin qui la cronaca. Mi domando come ci comporteremmo se qualcosa di simile accadesse in Italia e/o in Europa, o che cosa diciamo di taluni paesi sudamericani… e mi fermo qui. Ma già, dimenticavo, all animals are equal, but some animals are more equal than others.

Stefano Jesurum

(26 ottobre 2017)