Tifosi da educare alla Memoria

rassegnaNonostante l’assenza per protesta degli “Irriducibili”, zoccolo duro del tifo biancoceleste, un significativo gruppo di supporter laziali al seguito della squadra a Bologna non ha mancato di sporcare il minuto di riflessione dedicato alla figura di Anna Frank andato in scena al Dall’Ara così come in tutti gli altri stadi italiani. Diverse le braccia tese nel saluto romano, oltre a un vergognoso “Me ne frego” cantato da numerosi sostenitori della squadra di Lotito. “Il calcio condanna, ma c’è anche chi fischia il Diario” titola tra gli altri la Gazzetta dello sport.
L’argomento, sia a livello di cronaca che su un piano di approfondimento più ampio, continua a tener banco sui giornali. Dove si parla in più pagine della nuova vergogna ultrà, dei ripetuti passi falsi di Lotito, della corona deposta al Tempio Maggiore e poi buttata nel Tevere da alcuni esponenti della Comunità ebraica romana.
“Deporre una corona di fiori dopo quanto è successo non può essere una sceneggiata. E certo non può bastare” dice la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello al Corriere.
Intervistata da Repubblica, la Testimone della Shoah Edith Bruck sottolinea: “Sembra che oggi tutto si possa risolvere con le scuse e il perdono, cerimonie ipocrite che non servono ad arginare un umore antiebraico sempre più diffuso anche a Roma”. “Non si pensa mai a come curare la malattia dell’antisemitismo”, concorda lo storico Marcello Pezzetti intervistato dal Fatto Quotidiano.
Lo scrittore Alessandro Piperno, sul Corriere, in una testimonianza in prima persona parla invece di Lazio e Shoah in questi termini: “Due anime inconciliabili”.
“Non bastano le parole di condanna del gesto, inutili le corone di fiori. Gli odiatori da stadio li manderei ad aiutare le persone sole, gli immigrati e i loro figli per educarli all’empatia” afferma la scrittrice israeliana Lizzie Doron (La Stampa).
Il Corriere dello sport riferisce inoltre dell’amarezza del presidente del Coni Giovanni Malagò, che afferma: “Così il calcio rischia, serve più coraggio”.
Su Repubblica e sul settimanale 7 del Corriere viene inoltre suggerita la lettura di Presidenti, il saggio di Adam Smulevich che racconta come il fascismo cancellò tre protagonisti del calcio italiano per via della loro origine ebraica.

Iran, sì o no all’accordo sul nucleare. In attesa che il Congresso americano decida il da farsi in merito all’accordo sul nucleare siglato dall’amministrazione Obama e l’Iran, continuano le riflessioni sull’utilità dell’intesa stessa. Su Corriere 7, Rossella Tercatin intervista il politologo Pino Arlacchi e il demografo Sergio Della Pergola, che hanno opinioni contrapposte in merito. Per Arlacchi, “L’intesa è giusta, perché elimina il rischio che Teheran si doti di armi nucleari e riapre il dialogo con la parte riformista della leadership del Paese. Sul tema c’è molta disinformazione”. Secondo Della Pergola invece “il punto più problematico risiede nel fatto che i controlli per verificare lo stop al programma nucleare sono in pratica affidati agli iraniani stessi: gli ispettori entrano soltanto dove viene loro consentito, e potrebbero esistere laboratori segreti in cui l’arricchimento dell’uranio va avanti indisturbato. La domanda vera è se ci si possa fidare di Teheran: io penso di no”.

L’Arabia Saudita secondo Salman. Il principe ereditario Mohammed bin Salman intervenendo a Riyad al Future investment initiative, ha affermato che il Paese tornerà “a essere ciò che eravamo prima, a un Islam tollerante e moderato, che sia aperto al mondo e a tutte le religioni e alle tradizioni dei suoi popoli. (…) Non sprecheremo i prossimi 30 anni della nostra vita avendo a che fare con idee estremiste. Le aboliremo oggi, immediatamente”. L’obiettivo politico di Salman, scrive Repubblica, è “un duplice contenimento. Quello del wahhabismo più oltranzista, la corrente religiosa dominante nel Regno, e quello dell’Iran, l’odiata potenza sciita”.

Autoritratto di un lettore. “Mi sono trasferita a Gerusalemme con la mia famiglia otto anni fa. Mio marito, che a Napoli era un rabbino, aveva ottenuto una borsa di studio qui. Dopo essermi stabilita in Israele, ho iniziato a cucinare per sentirmi a casa. Presto ho deciso di seguire un corso di cucina italiana e cinque anni fa mi sono diplomata come chef e pasticcera”. È il racconto di Giulia Gallichi Punturello al Corriere 7 nelle vesti di “lettore insolito” della rivista.