Voci a confronto sui Presidenti
che il fascismo volle cancellare

Schermata 2017-11-15 alle 15.49.54Tre figure scomode del passato cancellate dal fascismo e finite nel vortice delle persecuzioni hanno fatto assieme al libro che le racconta da punto di partenza per riflettere a più ampio raggio sul calcio di oggi, sui valori in crisi e su quelli da difendere ad ogni costo mentre il tasso di inciviltà e odio nelle curve raggiunge picchi sempre più significativi. È stato questo l’oggetto del confronto “Ebrei nel calcio durante le Leggi Razziali” promosso dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma insieme al Centro di Cultura della Comunità ebraica romana e a Delet – Assessorato ai giovani in occasione dell’uscita di Presidenti (Giuntina), il saggio di Adam Smulevich dedicato alle figure degli ex patron Raffaele Jaffe (Casale), Giorgio Ascarelli (Napoli) e Renato Sacerdoti (Roma). Interventi qualificati, sala gremita, numerose le domande dal pubblico. Ad aprire la serata le parole del presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia, che ha ricordato come proprio allo sport sia dedicata una delle sezioni più importanti della mostra sulle leggi razziste del 1938 allestita nella Casina dei Vallati. Un allestimento che presto sarà arricchito da un ulteriore e commovente ritrovamento: una valigetta con alcuni oggetti appartenenti a Leone Efrati, pugile romano che fu tra i grandi della sua epoca e che, per via della sua identità ebraica, fu prima deportato e poi barbaramente ucciso ad Auschwitz.
“Oggi siamo qui per riflettere e interrogarci su quello che accade intorno a noi, in un mondo folle che ripropone situazioni che non pensavamo di dover più vedere” ha invece esordito la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello. Il riferimento è stato anche alla vergognosa ultima vicenda che ha visto protagonista un calciatore di una squadra dilettantistica emiliana, che ha festeggiato una rete contro i rivali del Marzabotto, località teatro di una delle più efferati stragi nazifasciste, esibendo un saluto romano e una maglietta in onore della Repubblica Sociale Italiana.
Calcio e mondo ebraico, un binomio da approfondire tra alti e bassi. Su questo si è soffermato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. “Mentre è abbastanza immediato riconoscere un contributo ebraico in altri campi e settori, nel calcio ciò è sicuramente meno scontato. Nel passato ci fu invece una presenza forte e autorevole, anche se accompagnata molto spesso da un distacco dalle proprie radici. Un tema – le sue parole – su cui è necessario riflettere”. Anche perché, da un punto di vista ebraico, “alcune figure non possono certo dirsi un modello”.
Sotto la conduzione del giornalista Sky Angelo Mangiante, il confronto si è aperto ad ulteriori voci. Tra cui quella dell’autore, che ha tracciato un profilo sia umano che imprenditoriale delle tre figure raccontate nel libro: la folgorante intuizione di Jaffe, professore di liceo che inventa dal nulla una squadra di calcio; la lungimiranza di Ascarelli, primo patron a costruire uno stadio di proprietà; la passionalità di Sacerdoti, il presidente sotto cui nasce il mito di Campo Testaccio. “È importante che il calcio riscopra le proprie radici, la propria Memoria” ha sottolineato al riguardo Valerio Piccioni, giornalista della Gazzetta dello Sport. Un compito non semplice, ha poi osservato, anche in ragione della non semplice accessibilità degli archivi per chi vuol far luce su situazioni talvolta compromettenti per il mondo dello sport di allora. Mondo che, nel caso specifico dei tre presidenti e della loro rimozione, non fu certo immune da responsabilità.
Mentre Silvia Haia Antonucci, responsabile dell’archivio storico della Comunità ebraica, in precedenza ha illustrato i passaggi fondamentali della vicenda recente degli ebrei italiani dalla piena emancipazione post-risorgimentale, al coinvolgimento nella Grande Guerra, al tradimento delle Leggi del 1938. Un’epoca che segna profondamente impegno e ideali dei tre presidenti.
Molto significative anche le riflessioni che sono seguite, focalizzate in particolare sui fatti di stringente attualità. Tra cui, tema portante, la piaga del razzismo negli stadi.
“Viviamo in un’epoca in cui sembrano mancare gli anticorpi necessari per rispondere a determinate situazioni” ha fatto notare Paolo Masini, delegato del ministro Dario Franceschini per il progetto MigrArti. ”È il momento – il suo messaggio – che tutti facciano un passo avanti, che ci si ritrovi davvero uniti per difendere e affermare certi valori. Altrimenti il rischio è di andare incontro a situazioni ancora più spiacevoli”.
Riflessione condivisa da Mauro Valeri, sociologo ed esperto di razzismo nello sport.
“Servono più persone che ci mettano la faccia” il suo invito, con riferimento esplicito alla scarsa efficacia dimostrata dagli organi politici del calcio italiano nella lotta a ogni forma di razzismo, pregiudizio, propaganda violenta. “Si fa troppo poco, davvero troppo poco”.
A concludere la serata le parole del vicepresidente della Comunità ebraica Ruben Della Rocca, che ha affermato: “Le curve degli stadi non devono più essere un porto franco. Ma perché questo accada servono azioni decise, che lascino il segno: è il momento di dire basta. E le società devono essere in prima linea”.
Ha poi aggiunto, incalzato sugli ultimi episodi: “Noi non ci stancheremo mai di denunciare, noi ci saremo sempre. Ma una volta fatta la denuncia, ci aspettiamo che gli organi competenti agiscano”.