Gli ebrei dello zoo di Varsavia

Mentre a Varsavia infuriava la violenza nazista, un’incredibile arca di Noè s’incaricava di portare in salvo quasi trecento ebrei intrappolati nel ghetto. Contrabbandati fuori da quelle mura a bordo di un camion, uomini, donne e bambini trovavano rifugio nelle gabbie, nei sotterranei, nei passaggi segreti di quello che, prima della guerra era stato uno degli zoo più celebrati d’Europa. Da lì, muniti di documenti falsi erano infine traghettati in luoghi più sicuri.
A rendere possibile la loro fuga furono Antonina Żabińska e il marito Jan, direttore dello zoo, che per salvare le vite innocenti dei perseguitati non esitarono a mettere a rischio se stessi e i loro figli. A portare sul grande schermo la loro storia è La signora dello zoo di Varsavia di Niki Caro (La ragazza delle balene, North Country – Storia di Josey) – da oggi nelle sale italiane – con Jessica Chastain nella parte di Antonina, Johan Heldenbergh in quella del marito e Daniel Brühl nei panni del zoologo nazista Lutz Heck.
Tratto dal bestseller di Diane Ackerman, a sua volta basato sulle memorie di Antonina Zabinska Uomini e animali pubblicate nel 1968, il film illumina uno spaccato di vita che sembra uscito dritto da una sceneggiatura. Dopo la drammatica distruzione dello zoo, Antonina e Jan – riconosciuti da Yad Vashem come Giusti fra le nazioni – cercano di salvare i pochi animali sopravvissuti e per scongiurare la chiusura, propongono ai nazisti di convertirlo in un allevamento di maiali così da rifornire gli occupanti di carne.
Prende così forma il sotterfugio destinato a salvare tanti ebrei. Per cibare i maiali Jan, partigiano con la resistenza polacca, ha il permesso di prelevare la spazzatura del ghetto e nascoste tra quei rifiuti escono dal ghetto centinaia di persone che trovano poi rifugio nello zoo. Di giorno Antonina li nasconde nelle gabbie degli animali, nel sotterraneo, nelle stanze, in soffitta, negli armadi della sua stessa casa. A sera, li incontra in salotto e suona per loro il piano, suggellando così quell’umanità che la ferocia delle persecuzioni ha in ogni modo cercato di annullare.
Il film mischia alla storia un tocco di fiction. La presunta inclinazione del nazista Lutz per Antonina, nella realtà pare non sia mai esistita, come non vi sarebbe traccia storica della giovanissima salvata dalla violenza di un soldato né delle stelle che nel film si vedono tracciate sulle mura della villa. Più di questi dettagli, su cui alcuni si sono soffermati, il film sconta a tratti un’atmosfera patinata che in qualche modo stride con la tragedia storica in atto.
La narrazione restituisce con un garbo che ne fa un film adatto anche ai giovanissimi il dramma umano, l’angoscia degli ebrei e quella dei loro salvatori, il pericolo delle vite, i lutti patiti. Le scene più toccanti, quelle destinate a restare nella memoria, sono quelle con gli animali dello zoo: l’accogliente villa Zabinski affollata di cuccioli, i leoncini in braccio ad Antonina, l’elefante da lei miracolosamente riportato in vita, la zebra in fuga dalle bombe, il rapace abbattuto dai nazisti, il coniglietto che restituisce il sorriso e la speranza a una bambina.
Ma di questo film, grazie alla magnifica interpretazione di Jessica Chastain, finiamo per portare con noi soprattutto la figura di Antonina Zabinski. Una donna complessa e in anticipo sui tempi: moglie, madre, lavoratrice, studiosa, musicista appassionata d’arte, dotata di una straordinaria sensibilità per gli animali come per le persone. Una signora capace di rischiare tutto in nome della vita.

Daniela Gross

(16 novembre 2017)