Luis Enriquez Bacalov (1933-2017)

Compositore e pianista. Direttore d’orchestra e raffinato arrangiatore. Autore delle colonne sonore di tanti film, noti e meno noti. E, ancora: era argentino – nato a San Martin nel 1933, aveva iniziato a studiare presto il pianoforte mietendo successi da vero bambino prodigio – ma era naturalizzato italiano. Era arrivato in Italia alla fine degli anni Cinquanta, dopo aver vissuto in Colombia e poi in Spagna, lasciata per sfuggire al franchismo, per risiedere per un periodo a Parigi, e il trasferimento in Europa era stato anche un ritorno alle origini europee: la sua era una famiglia ebraica trasferitasi in America Latina dalla Bulgaria, e anche se Luis Enrique Bacalov si è sempre definito laico e agnostico l’impronta dei genitori – padre socialista e madre praticante – era forte.
Molto noto e molto amato, Bacalov ha avuto un ruolo importante nel panorama musicale italiano, e il suo carattere curioso e appassionato gli ha permesso di attraversare epoche e generi in una carriera multiforme, e di successo. Raccontava che il suo eclettismo era in parte motivato dall’educazione argentina: a Buenos Aires aveva avuto l’occasione di ascoltare grande musica e di frequentare la vita culturale di una città che da sempre è anche una fucina incredibile, appassionante e appassionata del crossover musicale, dove non si fa distinzione fra cultura “alta” e “bassa” e dove il jazz si mescola alla classica così come alla musica yiddish e alle tradizioni popolari, andando ad arricchire anche il mondo della musica colta, che a sua volt influenza tutti i generi. Multiculturalità, eclettismo e cosmopolitismo in Bacalov avevano trovato terreno fertile, mescolando le radici ebraiche che tali caratteristiche le posseggono da sempre con infanzia e adolescenza vissute in una città che tali propensioni non può che stimolare ed arricchire.
Nel 1996 ha vinto l’Oscar per la colonna sonora de “Il postino”, ultimo film di Troisi, ma aveva iniziato la carriera italiana come pianista per Milva e Claudio Villa, per poi iniziare una proficua collaborazione con l’RCA ai tempi in cui vi lavorava Ennio Morricone, firmando una notevolissima quantità di arrangiamenti importanti. Da “Il ballo del mattone” per Rita Pavone, a “Fatti mandare dalla mamma” per Gianni Morandi, e “Il cielo” di Lucio Dalla, fino ai successi di Baglioni. Ma la collaborazione più lunga è stata quella ventennale con Sergio Endrigo, con cui ha firmato grandi capolavori, per partecipare poi alla trasformazione del mondo musicale degli anni Settanta, con la collaborazione coi New Trolls per la stagione dei progressive con Concerto grosso e Concerto grosso due, in cui aveva mostrato tutta la profondità della sua cultura musicale.
Già negli anni Sessanta aveva iniziato ad avere successo come compositore di colonne sonore, a partire da quella de “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini, per poi collaborare anche con Fellini, Rosi, Scola, Lattuada e Lina Wertmuller. Non aveva rinunciato a suonare, continuando a esibirsi al pianoforte, ma si era messo alla prova anche con il teatro, ed era tornato, anche se tardi alle origini argentine con un lungo e approfondito lavoro sul tango. Concerti, balletti, opere sinfoniche incentrate su quella musica che suo padre ascoltava alla radio, in un percorso di ricerca e sperimentazione sfociato nella sua “Missa tango”, che però lo preoccupava, temeva di tirarsi le critiche del mondo ebraico a cui, nonostante l’apparente lontananza, era molto legato.
Un mondo di musica che tutti gli italiani, magari senza saperlo, hanno attraversato, ascoltando una sua opera, andando al cinema, o canticchiando quelle che non sono mai state solo canzonette.

Ada Treves
twitter @ada3ves

(16 novembre 2017)