La scomparsa del grande Maestro – Le parole del Rav

laras 2Uno sguardo a decenni di sogni e di realtà sorte e tramontate. Un monito contro l’antisemitismo e contro le intolleranze. Parole di amore e di esortazione per l’ebraismo italiano, e per una comunità a cui ha dedicato la vita. Israele, il dialogo ebraico-cristiano, l’ahavat Israel (amore per il popolo ebraico). Nei giorni in cui il male lo stava vincendo, rav Giuseppe Laras, che fu guida delle cattedre rabbiniche di Ancora, Livorno, Milano, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, ha voluto lasciare i suoi pensieri sui temi a lui più cari in un testo, che si aggiunge ai tanti scritti pubblicati negli anni su libri e giornali (di cui riproponiamo qui una selezione)
“Durante la mia vita ho potuto vivere in prima persona il tramontare e il sorgere di mondi diversi, con inquietudini e speranze. La distruzione degli ebrei d’Europa ha sfiorato la mia esistenza, segnandola per sempre. Misteriosamente, grazie alla forza e al coraggio di mia madre, il Santo e Benedetto ha voluto che sopravvivessi agli orrori e alle ceneri della Shoah. Nel 1948 è nato lo Stato di Israele, dopo un lavorio pluridecennale, alacre e devoto: ricordo la commozione, l’euforia e il senso di stupore di quei giorni. Ricordo anche le angosce che assalirono me, come molti altri tra noi, sino all’ora presente, in relazione alla sopravvivenza del nostro piccolo Stato. Mi ricordo distintamente il mio primo viaggio in Israele e la sorpresa, la felicità e l’orgoglio di leggere le scritte in ebraico, dai cartelli stradali alle insegne nei mercati, segno di un mondo vivo e vitale, seppur sottoposto a continua, durissima prova. In queste decadi, nel silenzio o nella nescienza delle più grandi Nazioni, abbiamo assistito alla persecuzione e alla cacciata di centinaia di migliaia di ebrei dai Paesi islamici, ove molti di costoro risiedevano da secoli, talora ben prima dell’avvento dell’Islàm. Cosa non meno inaudita, molti ebrei ed io abbiamo visto nascere e continuare a esistere il dialogo ebraico-cristiano. Oggi sono testimone del sorgere di una nuova ondata di antisemitismo (specie nella sua ambigua forma di antisionismo), del tradimento delle sinistre e del rapido declino intellettuale e morale della civiltà occidentale. Nuove sfide e nuove angosce si stanno proiettando sul nostro mondo. Dell’Europa occidentale che abbiamo conosciuto non sappiamo quanto rimarrà e molto muterà, con disillusioni e, forse, speranze: la strada particolare di noi ebrei, come sta già avvenendo in Francia e Belgio, nonché nel consesso internazionale, è probabile che sia in salita e strettissima. Tuttavia, oggi la nostra esistenza non è più, ringraziando il Santo e Benedetto e l’impegno di moltissimi, in totale balia delle Nazioni” ha scritto il rav, prima di lanciare un monito contro le polemiche inutili. “L’alto livello di polemica e di astio che percorre trasversalmente le nostre realtà comunitarie è un nostro grave fallimento: si tratta di una tentazione che dobbiamo sentirci obbligati a vincere, perché i tempi non sono facili. Una delle mitzvòth più misteriose e difficili da comprendersi è quella dell’ahavàth Israel, dell’amore responsabile degli ebrei per gli altri ebrei e per l’intero popolo ebraico. Questa grandissima mitzvah deve essere riscoperta in tutta la sua forza, la sua eloquenza e la sua creatività da parte di noi ebrei italiani”.
Tra i fili conduttori della sua vita, l’impegno per il dialogo interreligioso. “In questi ultimi anni ho ritenuto di aiutare il dialogo ebraico-cristiano con una serie di critiche controcorrente. Per alcuni ciò è stato destabilizzante e fastidioso, alienandomi delle simpatie. Pazienza. Sono convinto della giustezza delle critiche mosse, tese solo al suo progredire e al suo correggersi, nonostante essere soli sia spesso difficile da sostenere ed estremamente scomodo.” Ancora, il rabbino ha voluto spendere alcune parole sul Tribunale rabbinico del Nord Italia. “Per quello che riguarda il Tribunale Rabbinico da me presieduto, che serve le Comunità più in difficoltà e sofferenti, ossia quelle piccole e medie, ho ritenuto di affidarlo al mio allievo Rav David Sciunnach shlita, con l’intesa convergente di altri rabbini, sia italiani (in particolare Rav Elia Richetti, Rav Roberto Della Rocca, Rav Adolfo Locci e Rav Alberto Sermoneta) sia israeliani (Rav Eliahu Abargel e Rav Zalman Nechemia Goldberg). Voglia il Santo e Benedetto accompagnare questo difficile e delicatissimo lavoro, vegliando sulle nostre Comunità”.

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