Israele e il dibattito sul Kotel
A distanza di pochi mesi dalla decisione del governo israeliano di fermare il progetto per la realizzazione di una nuova area al Kotel di Gerusalemme (il Muro Occidentale), definita egalitaria, la questione di chi può pregare e secondo quali regole nel luogo più sacro per gli ebrei torna ad essere di attualità. La scorsa settimana infatti un gruppo di ebrei riformati, che voleva festeggiare al Kotel l’ordinamento di alcuni rabbini (uomini e donne, secondo la tradizione reform), si è scontrato con alcuni haredim (ultraortodossi) e con le guardie di sicurezza nei pressi del luogo. I membri del movimento reform presenti – sia israeliani sia americani – hanno sostenuto di esercitare il proprio diritto alla libertà di preghiera mentre per la Western Wall Heritage Foundation, a cui è affidato la gestione del Muro Occidentale (guidata dal rabbino Shmuel Rabinowitz), si è trattato solo di una trovata pubblicitaria. Una delle conseguenze dell’accaduto – pubblicità o meno – è stata quella di riportare l’attenzione sulle tensioni sempre più forti tra le correnti dell’ebraismo in merito al Kotel e l’atteggiamento contraddittorio del governo israeliano. “Perché il loro diritto di andare in questo luogo santo, così sacro per tutto il popolo ebraico, e di svolgere il loro servizio di culto, è stato interrotto?”, ha scritto in una lettera aperta David Harris, direttore dell’American Jewish Committee, influente organizzazione ebraica statunitense. “Come può un gruppo di ebrei arrogarsi il diritto di determinare quale è la pratica religiosa ‘appropriata’ e quale no, – la protesta di Harris – quando siamo sempre stati un popolo pluralista con una moltitudine di tradizioni ebraiche, unite dal nostro amore per Israele e la Torah? Inoltre, perché le guardie di sicurezza hanno fatto ricorso alla violenza contro i membri del gruppo?”. “Qualsiasi forma di gerarchia religiosa, o tentativo di esclusione, tra gli ebrei in Israele può avere profonde conseguenze per le relazioni tra Israele stessa e gli ebrei del mondo, – scrive ancora il presidente del Ajc – mettendo a repentaglio la posizione di Israele e la vitalità delle future relazioni tra il Paese e la diaspora. Ecco perché l’Ajc ha sponsorizzato la creazione della Coalizione per l’uguaglianza religiosa ebraica, un’organizzazione composta da una serie di gruppi, dai modern orthodox ai reform, in Israele e negli Stati Uniti”. L’Ajc così come l’Agenzia Ebraica sono state anche tra le organizzazioni che hanno sostenuto il citato progetto di un’area egalitaria al Kotel: un luogo presso il Muro Occidentale in cui uomini e donne dei movimenti dell’ebraismo Conservative e Reform potessero pregare insieme. Il sito doveva nascere nell’area archeologica in cui si trova l’Arco di Robinson, a sud della sezione gestita dal Rabbinato centrale d’Israele in cui vigono le regole dell’ortodossia, tra cui la divisione tra uomini e donne (mehitza). Su pressione dei partiti religiosi – parte della coalizione del governo Netanyahu – l’accordo è però saltato attirando sul Primo ministro molte critiche da parte del mondo reform e non solo per aver ceduto nonostante fosse stata trovata una delicata intesa.
“La violenza da parte dei teppisti del Western Wall Heritage Fund non ci impedirà di adempiere al nostro diritto di pregare al Muro Occidentale, – ha dichiarato Gilad Kariv, leader del movimento reform, parlando al canale Hadashot – così come le parole dolci del Primo ministro Netanyahu alla conferenza delle Federazioni Ebraiche non saneranno la frattura con gli ebrei della Diaspora”.
Kariv fa riferimento alle parole del Premier israeliano in occasione dell’Assemblea Generale delle Federazioni ebraiche del Nord America tenutasi lo scorso 14 novembre. “Tutti gli ebrei dovrebbero avere accesso al Muro Occidentale”, ha affermato Netanyahu in un video inviato per l’evento. “Le questioni religiose sono sempre state il prodotto dell’evoluzione e non della rivoluzione – il suo messaggio – Credo che tutto il popolo ebraico rappresenti una sola famiglia”. Il Premier ha anche promesso di rimettere in piedi l’accordo sulla sezione egalitaria ma da parte del mondo reform ci sono stati diversi commenti scettici a riguardo.
Daniel Reichel