Torino – Vittorio Dan Segre, omaggio
alla storia di un protagonista

“Ricordatemi vivo, se siete capaci”, queste le parole di Vittorio Dan Segre a cui le celebrazioni postume stavano strette. A cercare di rendere il giusto omaggio alla memoria del giornalista, diplomatico e scrittore, una serata di studio organizzata nelle sale della Comunità ebraica di Torino dal Gruppo di Studi Ebraici assieme all’Archivio Terracini. Diverse le voci intervenute a tratteggiare una figura complessa e articolata come quella di Dan Segre: una personalità fortemente intrecciata con i grandi avvenimenti del Novecento, dall’Italia a Israele, un uomo di profonda cultura e grande esperto di questioni internazionali. A dipingere ciascuno un proprio ricordo del diplomatico italoisraeliano, lo storico Alberto Cavaglion, Sarah Kaminski, docente di ebraico all’Università degli Studi di Torino e promotrice dell’iniziativa per il Gruppo di studi ebraici, rav Alberto Moshe Somekh, Lia Tagliacozzo dell’archivio Vittorio Dan Segre Guido Vitale 1-13Terracini e Guido Vitale, direttore della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, a cui lo stesso Dan Segre non fece mai mancare i propri consigli e il proprio sostegno. “Un ebreo geniale, una persona che mi ha letteralmente affascinato con la sua capacità ogni volta di stupire”, il commento in apertura di Dario Disegni, presidente della Comunità torinese. “Mi considero io un ebreo fortunato per aver potuto apprendere così tanto da lui”, il riferimento di Disegni all’autobiografia di Dan Segre, Storia di un ebreo fortunato. Una storia che compare vividamente nella videointervista realizzata da Alberto Cavaglion – e proiettata durante l’incontro – che riprende il grande intellettuale cresciuto in Piemonte, alcuni anni prima della sua scomparsa. Un’intervista che ha luogo a Govone, nella casa di famiglia, con la telecamera che riprende il suo studio, le mensole stracolme di carte, libri e documenti. Un patrimonio culturale che è stato poi donato dallo stesso Vittorio all’Archivio Terracini della Comunità di Torino con queste parole: “Non c’è futuro collettivo e individuale senza memoria del passato”. Numerosissimi i faldoni raccolti, ricorda Lia Tagliacozzo, a quel tempo curatrice dell’Archivio. Un fondo, quello di Vittorio Dan Segre, che testimonia ancora una volta il calibro del suo operato: accanto al suo lavoro giornalistico iniziato nel 1954 nel Giornale di Firenze, per poi passare al Corriere della Sera nel 1958 e poi a fondare il Giornale con Indro Montanelli nel 1974, si trova una massiccia corrispondenza familiare, politica e diplomatica: si tratta di più di 18mila lettere, ricorda ancora Tagliacozzo. Parte dei faldoni raccoglie i diari, ben trentanove, che Dan Segre scrisse con cadenza giornaliera, poi ancora le raccolte di materiali legati alla sua vita accademica, accanto ai documenti utilizzati per la stesura dei suoi libri, tra cui Israele in transizione, Una crisi d’identità, Storia di un ebreo fortunato, Il bottone di molotov, Le metamorfosi d’Israele , dove l’autobiografia e i ricordi si alternano a riflessioni di carattere geopolitico.
2017-12-01 09.01.24La stessa intervista è costellata di spunti di riflessione che Segre offre al suo interlocutore, oltre alla descrizione minuziosa delle sue carte: incalzato dallo stesso Cavaglion, parla della condizione dell’ebraismo italiano, un unicum nel panorama europeo “che ha combattuto da uguale per fondare una nazione”. E poi ancora parla di sé, di quell’aggettivo “fortunato”, per descrivere la sua condizione di ebreo, che poi rimaneggia, autodefinendosi “avventuriero”. Un’avventura iniziata del 1939, quando si imbarca per la Palestina mandataria dal porto di Trieste. Appena sedicenne decide quindi di fare l’Aliyah, di partecipare attivamente per la costituzione dello Stato d’Israele per poi da adulto ricoprire cariche diplomatiche, dove, spiega ancora Cavaglion “le sue idee erano ispirate ad un sano realismo politico”.
Vittorio Dan Segre è stato anche un grande rappresentante dell’ebraismo italiano, e seguì con attenzione il progetto di costituire un giornale, Pagine Ebraiche, che racchiudesse in sé le voci delle diverse comunità ebraiche sparse per l’Italia, voci però che non dovevano chiudersi in se stesse virando sull’autoreferenzialità, ma aprirsi all’Italia intera e dialogare con le altre realtà giornalistiche. A ricordare lo scambio di idee e la partecipazione attiva e costante al progetto da parte dell’illustre giornalista è stato Guido Vitale, direttore del giornale dell’ebraismo italiano. Uno scambio tra i due derivato da una lunga amicizia e iniziato sin dal numero zero di Pagine Ebraiche. Frammenti quelli che descrive il direttore, che dal numero zero vanno a ritroso fino a descrivere il primo incontro tra i due in occasione della prima presentazione del suo celebre libro autobiografico.
A seguire, l’intervento della professoressa Kaminski, che di Segre ha ripercorso la carriera diplomatica in Israele, che affonda le sue origini nella scelta di raggiungere la Palestina mandataria nel 1939, una scelta che poi mosse in lui dubbi e riflessioni per essersi lasciato alle spalle la tragedia della Shoah. “Osservandola dall’alto dei miei novant’anni e più, mi sembra che la mia vita sia stata un cocktail di bene e di male, di allegria e sentimentalismo, funestata dal continuo chiedermi: Perché? Perché sono passato indenne fra le gocce di sangue e fuoco che hanno distrutto attorno a me tanta gente, il mio popolo in Europa, un pezzo della mia famiglia bruciato dai repubblichini in un forno sul lago di Garda e tanti compagni di guerra? Perché c’è tanta differenza fra quello che gli altri vedono in me da fuori e quello che io vedo da dentro?”, queste le sue parole .
A rav Alberto Somekh le conclusioni. “Ciascun ebreo ha una mitzvah particolarmente cara”, Vittorio Dan Segre, ha ricordato il rav, era legato al suono dello Shofar. “Il suono dello Shofar rappresenta un ponte tra coscienza individuate e conoscenza nazionale”, ha spiegato. “C’è un’usanza in Israele che prevede che dopo il suono dello Shofar che segna la fine di Kippur, si canti la Hatikva, ma quel suono è simbolo del nostro affrancamento”.

Alice Fubini 

(Nell’immagine in alto, Vittorio Dan Segre con la divisa dell’esercito britannico nella Torino appena liberata partecipa alla riapertura della sinagoga gravemente danneggiata dai bombardamenti. Nel disegno di Giorgio Albertini, il ritratto di Dan Segre assieme a Guido Vitale. Nell’ultima immagine, i protagonisti dell’incontro torinese)